Milioni di euro di investimenti a rischio in una città che perde il 61 per cento di acqua, ne consuma 247 litri per abitante e solo il 36 per cento è allacciato alla fognatura. La causa: la situazione di stallo nella gestione del servizio idrico integrato nella città capoluogo e nella sua area metropolitana.
L’allarme è stato lanciato dalle federazioni di Femca Cisl Sicilia e Catania e dall’Ust Cisl Catania. Che rimarcano: “In ballo ci sono milioni di euro che potrebbero davvero cambiare il volto del sistema idrico in questo territorio, garantendo servizi efficienti ed efficaci a cittadini e imprese. Ma a oggi non si registrano passi in avanti, tutto resta cristallizzato”. Femca e Cisl sottolineano la necessità di un piano industriale da parte del gestore unico “per avere il quadro completo su personale, investimenti e sedi, e ricadute sull’occupazione”. “Un percorso - aggiungono - che deve essere oggetto di confronto con i sindacati, ancor di più visto che tutti i soggetti interessati, pubblici e privati, insistono sul territorio catanese. E soprattutto perché da un lato si parla di un bene essenziale, che per cause climatiche inizia a scarseggiare e dall’altro per la notevole mole di investimenti che nel settore serve fare il più velocemente possibile”.
Il caso di Catania non è isolato nella regione, come rimarca la Femca Cisl Sicilia. Secondo l’ultima ricerca di Eurispes, in Sicilia la metà dell’acqua distribuita si perde nel nulla. Il 52,5 per cento di quella immessa nelle reti idriche, sparisce. Per dispersione idrica, l’Isola è la terza regione d’Italia dopo la Basilicata, che ne perde oltre il 62 per cento e l’Abruzzo, che sfiora il 60 per cento. In Sicilia, inoltre, solo il 77,2 per cento della popolazione è servita da reti di depurazione. È la quota minore d’Italia.
“La gestione del servizio idrico - afferma Stefano Trimboli segretario generale Femca Cisl Sicilia - è a macchia di leopardo nell’isola. È necessario andare incontro a quanto previsto dalla legislazione nazionale rispetto alla gestione della distribuzione e della tariffazione del servizio idrico, come nel recente passato rammentato dalla Corte Costituzionale.
Per Trimboli “non può esistere ‘un modello siciliano’ di servizio idrico, e le iniziative politiche, tanto di carattere legislativo, quanto di carattere organizzativo, devono avere il precipuo obiettivo di assicurare il pieno ed efficace impiego delle risorse finanziarie derivanti dal Pnrr e destinate agli interventi infrastrutturali necessari a ridurre gli sprechi e aumentare l’efficienza del servizio, così da superare la endemica frammentazione gestionale esistente già segnalata dall’Arera stessa”.
Anche Eurispes evidenzia come il sistema infrastrutturale sia “antiquato” e i modelli di gestione “ancora altamente frammentati e spesso inefficienti". Con “l’apparente incapacità degli enti gestori di effettuare gli investimenti necessari”.
Per Maurizio Attanasio, segretario generale della Cisl etnea “la gestione unica è una necessità ineludibile”. “Un sistema di fruizione di un servizio essenziale non nasce per servire se stesso - sottolinea - ma gli utenti E a causa dell’assenza di un un’unica gestione ci siamo permessi, disattendendo la Galli prima e il testo ambiente poi, anche il 70% delle perdite in rete fino all'anno scorso, l’acqua potrebbe non mancare, ma una importante quantità si perde), una fognatura e depurazione inesistente, un water service divide con altre regioni inaccettabile. Ci siamo permessi l’assenza di una visione organica del territorio, con grossi limiti gestionali facendoci pesino infliggere sanzioni dalla Ue”.
Rosario Nastasi