Le sofferenze bancarie lorde giungono a novembre a quota 199,06 miliardi di euro contro i 198,5 miliardi di ottobre e i 201 dello stesso mese del 2015. Secondo quanto si ricava dai dati della Banca d'Italia, la variazione sui dodici mesi delle sofferenze - senza correggere per le cartolarizzazioni e le altre cessioni - è stata pari a -1,7% (-1% a ottobre). Con le correzioni il tasso di crescita sui dodici mesi delle sofferenze è stato a novembre dell'11,8% (12% nel mese precedente). Le nette sono stabili a 85,2 miliardi.
In particolare, i prestiti bancari al settore privato, corretti per tener conto delle cartolarizzazioni e degli altri crediti ceduti e cancellati dai bilanci bancari, hanno registrato una crescita su base annua dello 0,5% (1,2% a ottobre). I prestiti alle famiglie sono cresciuti a novembre dell'1,8% sui dodici mesi (1,7% a ottobre); quelli alle società non finanziarie sono rimasti stabili su base annua (0 per cento a novembre; 0,8% nel mese precedente). Infine, il tasso di crescita sui dodici mesi dei depositi del settore privato è aumentato al 4,4 per cento (3,2% a ottobre). La raccolta obbligazionaria, incluse le obbligazioni detenute dal sistema bancario, è diminuita del 9,3% su base annua (-9% nel mese precedente).
Ma oggi è soprattutto la giornata in cui partono a Milano le trattative tra azienda e sindacati sul piano industriale di Unicredit, che prevede 3.900 esuberi su scala nazionale. Nell’Isola Unicredit conta 4 mila dipendenti e 360 filiali. Già il 12 gennaio l’assemblea straordinaria degli azionisti dovrà decidere su un aumento di capitale di 13 miliardi di euro, come previsto dal "Piano di Trasformazione 2009", che secondo l’azienda dovrebbe apportare un sostanziale miglioramento della struttura di capitale del gruppo. Di contro non è previsto alcun pagamento di dividendi per il 2016, con una politica di distribuzione dei dividendi cash per gli anni successivi del 20-50%. "Il piano industriale di Unicredit prevede ulteriori 6.500 esuberi entro il 2019 - dice Gabriele Urzì della segreteria nazionale First del gruppo Unicredit - per un totale di circa 14 mila unità nei prossimi due anni. In Italia i nuovi esuberi sono 3.900, si aggiungono ad altri 5.600 del vecchio piano industriale per un totale di 9.400. Il nuovo piano prevede la chiusura anche di 800 filiali. In pratica Unicredit chiuderà nel nostro Paese una filiale su quattro".
“Per gestire in modo non traumatico le 3900 nuove uscite, che si aggiungono alle 5600 già previste in precedenza, è opportuno un utilizzo del fondo di solidarietà di settore che copra un periodo superiore ai 36 mesi ipotizzati dal piano industriale di UniCredit”: è l’opinione espressa oggi da Pier Luigi Ledda, segretario nazionale di riferimento di First Cisl, primo sindacato del settore finanziario italiano, all’avvio della trattativa sugli esuberi annunciati dal gruppo bancario guidato da Jean Pierre Mustier. “Come sindacato - aggiunge Ledda - riteniamo che UniCredit debba anche investire sulla nuova occupazione, inserendo giovani, e sulla professionalità di chi già lavora nel Gruppo. Purtroppo, il piano si focalizza invece soprattutto sul contenimento dei costi e determina esuberi”. “I numeri di UniCredit, che in Italia ha il 12,5% di quote di mercato e 7,3 milioni di clienti retail - prosegue Ledda -, confermano come questa banca abbia tutte le condizioni per darsi un modello che sostenga l'economia del nostro Paese e che generi una redditività sostenibile nel tempo, garantendo una buona occupazione a chi vi lavora. Se UniCredit saprà essere un esempio di innovazione tecnologica ed organizzativa, di buone relazioni, di fiducia e di equità, i lavoratori, con il contributo della loro professionalità, saranno decisivi rispetto alla riuscita del piano”.
Rendere pubblici i nomi dei principali debitori delle banche salvate? "Un segnale di moralizzazione che va raccolto e approfondito". E' cosi che Pier Paolo Baretta, sottosegretario al Mef, commenta la proposta lanciata dal presidente dell'Abi, Antonio Patuelli. Il sottosegretario all'Economia, dalle pagine de Il Mattino condivide la proposta del presidente dell'Abi dicendo che nel settore bancario molta gente, molte famiglie hanno pagato prezzi rilevantissimi in questi anni. "Mi pare eticamente giusto proporre che siano noti i nomi di chi ha contribuito a creare questa situazione", anche se Baretta mette in guardia: "La proposta non è di facile realizzazione perché un intervento legislativo agirebbe direttamente su una situazione di mercato e la cosa potrebbe creare più di un dubbio".
Il tema posto da Patuelli, va affrontato anche "perché non c'è solo l'elenco degli investitori da rendere eventualmente pubblico ma anche quello degli amministratori che hanno delle responsabilità per avere condotto le loro banche in questi anni e averle gestite spesso in modo tale da danneggiare i risparmiatori".
Il sottosegretario al Mef assicura che "la discussione sarà fatta in Parlamento dove c'è già la proposta di istituire una commissione d'indagine sullo stesso argomento che noi pensiamo possa essere decisiva per accrescere la trasparenza e la chiarezza sull'operato delle banche".