Ancora uno sciopero di protesta dei lavoratori dell’indotto davanti ai cancelli della raffineria Eni di Gela. Edili, metalmeccanici e personale dei servizi hanno presidiato, stamani, gli ingressi della fabbrica impedendo, di fatto, con il loro sit-in, l’accesso ai dipendenti turnisti dello stabilimento. Chiedono che vengano avviati i cantieri per la bonifica delle aree dismesse e per la riconversione eco-compatibile della raffineria che dalla lavorazione del petrolio passerà alla produzione di bio-carburanti. Gli investimenti concordati da azienda, sindacati e istituzioni, con un protocollo d’intesa firmato nel novembre dello scorso anno al ministero dello sviluppo economico (Mise), ammontano a 2,2 miliardi di lire. Ma finora sono pochissime le opere realizzate nello stabilimento, fermo da oltre due anni, con l’indotto senza più tutela economica avendo utilizzato gli ammortizzatori sociali fino all’ultimo giorno di copertura. Ora stanno arrivando le lettere di licenziamento. Cgil, Cisl, Uil si schierano a fianco delle maestranze in lotta, denunciano le responsabilità della politica e dell’azienda nel mancato avvio dei lavori e fanno appello all’Eni che proceda con urgenza alla cantierizzazione delle opere già programmate. Intanto il ministero dell’ambiente, su sollecitazione dell’amministrazione comunale di Gela, ha convocato le parti per il 10 novembre prossimo, a Roma, al fine di avviare un tavolo tecnico sulle bonifiche dell’area di Gela classificata come sito di interesse nazionale.