Passi avanti nella vertenza Natuzzi. È stata infatti sottoscritta la proroga del contratto di solidarietà per tutti i lavoratori del gruppo.
L’intesa prevede una riduzione oraria massima del 42% che pesa su 850 lavoratori, rispetto ai 2022 totali.
“Si tratta di un accordo importante - afferma il segretario nazionale della Filca Cisl, Salvatore Federico - che va nella direzione da noi auspicata, vale a dire quella del piano a esuberi zero”.
Il sindacalista afferma che si tratta di numeri fissati in via cautelativa, perché l’accordo del 28 giugno scorso firmato al Mise, che resta valido, prevede che tutti i lavoratori tornino al lavoro a tempo pieno. Da questa platea sono esclusi 491 lavoratori individuati con criteri di legge e per via volontaria, che avranno però la possibilità di seguire un percorso di riqualificazione professionale che partirà a gennaio grazie anche al sostegno delle Regioni Puglia e Basilicata. Entro 24 mesi questi lavoratori potranno essere assunti a tempo pieno nel nuovo progetto Gomma e nel legno.
“Ovviamente - ribadisce Federico - vigileremo sui criteri di individuazione di questi lavoratori da parte dell’azienda”.
A questo si aggiunge la partita del cofinanziamento agli investimenti da parte di Invitalia. “Su questo - affermano i sindacati - abbiamo chiesto una convocazione della cabina di regia a gennaio per avere l’approvazione definitiva”.
Questo accordo impegna l’azienda a ritirare i licenziamenti e realizzare un piano di investimenti di 35 milioni di euro, per rilanciare il polo produttivo italiano del divano, innovando tutti gli stabilimenti di Puglia e Basilicata e reinternalizzando le produzioni di Legno e Gomma, per ottenere così il ritorno alla piena occupazione e alla positiva risoluzione degli esuberi.
“Riteniamo storico questo accordo - affermano i sindacati - perché dopo anni di ammortizzatori e di crisi, per la prima volta si parla di investimenti, di piena occupazione e di ritiro dei licenziamenti, in un polo industriale tra i più importanti del settore (2022 dipendenti), che insiste in un’area, il Mezzogiorno del Paese, abituata a perdere pezzi industriali piuttosto che a rilanciarli”.