L'Ue attiva lo scudo sulla concorrenza sleale di investimenti o acquisizioni 'dopate' dalla presenza di finanziamenti di stati stranieri. Entrano in vigore da domani le nuove regole sulle sovvenzioni estere e consentiranno a Bruxelles di vagliare i finanziamenti pubblici da Paesi extra-Ue, come la Cina, a società che vogliono realizzare aggregazioni o partecipare a gare pubbliche sul territorio comunitario. Dopo la consueta fase di consultazione la Commissione europea ha adottato ora il regolamento attuativo: le norme 'anti-scalata' scatteranno con l'obbligo di notifica per concentrazioni da almeno 500 milioni di euro di fatturato nell'Ue (di una delle parti o dell'aggregato) se in presenza di aiuti pubblici esteri per almeno 50 milioni di euro negli ultimi 3 anni.
Nel caso degli appalti pubblici, la soglia sarà su commesse per almeno 250 milioni di euro quando ci siano stati aiuti pubblici esteri per almeno 4 milioni di euro nei 3 anni precedenti. Il regolamento sui sussidi esteri fa parte di una serie di strumenti di cui l'Ue si sta dotando per affrontare varie pratiche commerciali e di investimento sleali da parte di società straniere, come il prossimo strumento anti-coercizione, sul quale è già stato raggiunto l'accordo inter-istituzionale.
Il nuovo quadro è in pratica una estensione internazionale delle norme antitrust già in vigore sul mercato interno, con un focus particolare, evidentemente, agli aiuti di Stato. Tra i punti sui quali scatterà l'obbligo di notifica, verranno presi in considerazione in particolare gli investimenti finanziari stranieri, che si ritiene possano con più probabilità avere effetti distorsivi sul mercato interno, come quelli concessi a imprese in difficoltà, che facilitano direttamente una concentrazione, o che offrono garanzie illimitate.
Negli altri casi le società dovranno comunque dare una panoramica dei finanziamenti esteri ricevuti nei 3 anni precedenti, quando il valore dell'operazione sia di almeno 45 milioni. Sono poi previste altre segnalazioni per i sussidi ricevuti da aziende che partecipino a gare pubbliche. Per quanto in calo, secondo Eurostat gli investimenti diretti cinesi in Ue nel 2020 hanno raggiunto i 9,1 miliardi di euro. Pechino negli anni ha dapprima puntato sulle infrastrutture, come i porti o le reti 5G, mentre ultimamente ha puntato i riflettori sull'auto elettrica, soprattutto per quel che riguarda la filiera dei fornitori, a partire dalle batterie.
In questo scenario, da segnalare che i prezzi alla produzione in Cina hanno segnato a giugno una contrazione annua a -5,4%, peggio del -4,6% di maggio e del -5% atteso dagli analisti: si tratta, in base ai dati dell'Ufficio nazionale di statistica, della nona frenata mensile di fila e della più ampia da dicembre 2015 a causa dell'indebolimento della domanda e della moderazione dei prezzi delle materie prime. I nuovi segnali di deflazione e di incertezza sull'economia cinese includono anche i prezzi al consumo di giugno, invariati su base annua (ritmo più lento da febbraio 2021), contro il +0,2% di maggio e il +0,2% stimato alla vigilia.
Rodolfo Ricci