Si intensificano le azioni del sindacato confederale per tenere viva l’attenzione dell’opinione pubblica sul destino di quasi tremila posti di lavoro legati al centro oli di Viggiano. L’impianto dell’Eni, nel cuore della Val d’Agri, è fermo dal 31 marzo scorso per il sequestro di alcuni impianti decisi nell’ambito dell’inchiesta sul petrolio in Basilicata. Da allora i lavoratori dell’indotto - per lo più aziende metalmeccaniche e di servizi - sono in presidio davanti al Cova: per molti di loro è già scattata la cassintegrazione, mentre i dipendenti diretti dell’Eni stanno consumando le loro ferie.
Oggi a dar loro sostegno sono arrivati anche i vertici di Cgil, Cisl e Uil della Basilicata. L’auspicio è che “si faccia rapidamente chiarezza affinchè non vi siano ulteriori riverberi sulla già difficile situazione occupazionale”, sottolineano i segretari generali delle tre sigle, Angelo Summa, Nino Falotico e Carmine Vaccaro, ribadendo la loro “massima fiducia nel lavoro della magistratura”.
Ma l’obiettivo dei sindacati è anche quello di richiamare l’attenzione delle istituzioni locali e nazionali sulla complessa vertenza che rischia di assestare un duro colpo all’economia della Val d’Agri. Summa, Falotico e Vaccaro concludono sottolineando “la necessità di assicurare, nel pieno rispetto della legalità, un punto di equilibrio tra petrolio, tutela della salute e difesa dell’ambiente”.
Per approfondire leggi il reportage di Conquiste sul petrolio lucano
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