Dieci giorni, forse meno, per capire se si andrà allo sciopero o alla riapertura della trattativa. Dopo la rottura che si è consumata il 10 maggio al ministero dello Sviluppo Economico il destino dell’Ilva è avvolto nell’incertezza. Ieri sono iniziate le assemblee nello stabilimento di Taranto, nel corso delle quali i sindacati riferiranno ai lavoratori sullo stato della vertenza e sulla proposta che ArcelorMittal, con la mediazione del governo, ha avanzato per condurre in porto l’acquisizione. Se in questo arco di tempo non dovessero emergere novità è probabile che, terminata la fase di consultazione dei lavoratori, si vada allo sciopero.
Tuttavia tra le sigle dei metalmeccanici, che pure hanno tutte giudicato insufficiente il documento illustrato dal ministro dello Sviluppo Economico Carlo Calenda, le differenze di impostazione, già emerse durante la discussione al Mise, non si sono affievolite col passare dei giorni. La Fim, che si era detta disponibile ad approfondire la proposta di Mittal, chiede di riaprire la trattativa in tempi rapidi, mentre Fiom e Usb considerano di fatto esaurito il negoziato e attendono che si formi il governo Lega - 5 Stelle per intavolarne uno nuovo
Di sicuro c’è che a Taranto la Fim intende sfruttare appieno la tornata di assemblee per spiegare ai lavoratori, che fin dalla prime battute questa mattina hanno mostrato la loro preoccupazione, le conseguenze pratiche di un eventuale naufragio. In estrema sintesi: rinuncia al contratto a tempo indeterminato per tutti, a cinque anni di cassa integrazione e a 100mila euro di incentivo per le uscite volontarie.
( L’articolo integrale domani su Conquiste Tabloid)