di Silvia Boschetti
Nuova inevitabile puntata del ”caso Foodora” con l’uscita delle motivazioni della sentenza del Tribunale di Torino. Un pronunciamento emesso l’11 aprile dal quale sono usciti perdenti i sei fattorini che avevano rivendicato un rapporto di lavoro subordinato. In particolare il testo spiega che i rider di Foodora ”"non avevano l’obbligo di effettuare la prestazione lavorativa” e non erano ”sottoposti al potere direttivo e organizzativo del datore di lavoro”. Una sentenza naturalmente accolta con favore dal colosso tedesco delle consegne a domicilio. ”Da sempre, rispetto alla prassi tipica del settore, Foodora - spiega una nota - ha scelto di stipulare con i rider contratti di collaborazione coordinata e continuativa”. Un bel ragionamento che però non esime dal ribadire che di tutele e sicurezza c’è molto bisogno anche per questi lavoratori arruolati dalle piattaforme digitali. ”La sentenza sui rider Foodora ci mette di fronte al bisogno di elevare tutele attraverso maggiore chiarezza legislativa e più contrattazione con le aziende. Sono tanti i ‘casi Foodora’ in Italia, e migliaia le persone, ragazzi e non, che si trovano a svolgere un lavoro di fatto subordinato, ma senza alcuna garanzia di un contratto collettivo. A queste persone dobbiamo subito dare risposte di vera protezione sociale e riconoscere maggiori diritti su temi quali salario, previdenza, malattia, sicurezza, formazione, maternità”. Così incalza Luigi Sbarra, segretario generale aggiunto della Cisl, da Udine dove ha partecipato ad una iniziativa Fnp sulla staffetta generazionale.
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