Sette note e tanti soldi. Aspetti artistici e pragmatici del Festival di Sanremo che spegne 75 candeline ma è ben lungi dall’andare in pensione. Rito italiano immancabile più che ferie e partite di pallone capace di portare nella città dei Fiori ed hinterland quasi 250 milioni con previsione di aumento sulla passata edizione. Hotel, ristoranti, ma anche esercizi commerciali di varia tipologia sono vetrine sulle quali si affaccia un esercito di persone, dai tecnici agli artisti e che genera lavoro per circa 1.500 persone in termini di occupazione. E poi c’è pure la spesa quotidiana di chi a Sanremo ci arriva proprio per assistere al Festival e si ferma magari alcuni giorni, ma anche, sottolinea Antonietta Pistocco, Ast Cisl Imperia, “per chi magari sta un solo giorno con la speranza di vedere il suo beniamino, un attore, un cantante e poi va via. In ogni caso il Festival è un volano per l’intera economia del Ponente ligure che riempie tutte le strutture ricettive da Diano Marina a Ventimiglia. Ci sono presenze persino a Montecarlo, per chi può permetterselo”. “Beneficio per tutta la comunità - insiste Pistocco - perché il Festival porta con se anche eventi, mostre. Iniziative vincenti come lo stesso Villaggio della Radio. Una volta era solo dentro l’Ariston, poi lungo via Matteotti dal Casino a corso Imperatrice. Ora manifestazione vissuta da tutta la città”. E sorta di stagione turistica che inizia “subito dopo Natale”, secondo la rappresentante Cisl, perché “il Festival è anche tutto il lavoro di preparazione, allestimento per maestranze e attività collegate, del comparto floristico. Occasione per molti di visitare anche l’entroterra, Dolceacqua, Triora (famosa come paese delle streghe ndr). Evento fondamentale per l’economia del territorio con alberghi della fascia costiera pieni. E per chi non può entrare all’Ariston per il costo del biglietto, c’è chi resta fuori pur di vedere gli artisti e i grandi personaggi. Lo scorso anno vennero il presidente Mattarella, il principe di Monaco. Ci fossero tante manifestazioni come Sanremo risolleverebbero l’intera economia imperiese e poi il Festival crea un brand per il nostro territorio in tutto il mondo e la manifestazione canora non è solo macchina economica sempre più importante ma anche fatto culturale, di innovazione con giovani cantanti”. Ma c’è anche qualche nota stonata in tanta positività. La rimarca Giorgio Merlino, segretario generale Fistel Cisl Liguria: “Nell’evento festivaliero vedo che si acutizzano almeno due elementi: il precariato e la transizione tecnologica. Il precariato perché l’evento produce occupazione ma temporanea e, finito il Festival, difficilmente viene stabilizzata. Sono alcune decine di posti di lavoro ma nella nostra zona importanti. Manca, da sempre, la continuità; lo spettacolo è visto quasi sempre in relazione al divertimento e al tempo libero, ma in realtà coinvolge altri ambiti quali cultura, turismo e altro. Sarebbe importante riuscire a ragionare in termini di filiera e di proposte che potessero creare una economia legata al Festival, più duratura. Poi l’impatto sempre più preponderante della tecnologia sul mondo del lavoro e al Festival si vede molto non solo su quanto vediamo in tv ma in massima parte su tutto ciò che c’è dietro. La riflessione è quanto i lavoratori sono coinvolti in percorsi di formazione e riqualificazione professionale per gestire queste nuove tecnologie e non per farsi gestire o addirittura sostituire. La risposta è: poco. La formazione è vista come un costo e non come risorsa che può dare valore aggiunto e prospettive di sostenibilità per stare in un mercato che sta profondamente cambiando. La tecnologia, pensiamo alla Ia, ha aumentato l’efficienza, maggiore accessibilità ai servizi e agli eventi, riduzione sostanziale dei costi, ma ad oggi non si è ancora vista una ricaduta positiva sui lavoratori, in particolare sugli aspetti economici”.
Dino Frambati