Sottolinea Valerio D’Alò, segretario nazionale della Fim-Cisl: ”Manca una delle condizioni principali per poter sottoscrivere gli accordi: l'affidabilità della nostra controparte". La Fim sottolinea che ”è impensabile che Acciaierie D'Italia dopo aver sottoscritto con noi l'accordo dello scorso marzo, abbia fatto di tutto per mettersi in contraddizione con se stessa mettendo in atto atteggiamenti che andavano esattamente all'opposto di ciò che era stato sottoscritto. Per noi resta fondamentale aver garantito la tredicesima ai lavoratori in cassa, perchè le difficoltà di chi ha un salario ridotto le conosciamo bene, ma adesso sono le istituzioni che devono garantire ai lavoratori interlocutori credibili. Se non giungeremo a un'intesa - aggiunge D’Alò - gli scenari sono due: il primo coinvolge la Regione Puglia che potrebbe utilizzare strumenti transitori per garantire il salario ai lavoratori e qualora ciò non fosse possibile; toccherà al Governo, come già successo in anni passati, decidere come intervenire per evitare una bomba sociale sulla Ex Ilva. Abbiamo dimostrato responsabilità e di avere a cuore le famiglie dei lavoratori andando contro tutto e tutti, ma adesso serve un cambio di governance. L'aumento al 60% della presenza di Invitalia nella società Adi diventa imprescindibile per dare credibilità al rilancio della siderurgia come annunciato dal ministro Urso".
Sulla stessa lunghezza d’onda la Uilm: ”Paradossale che, dopo quasi cinque anni dalla firma dell'accordo del 6 settembre 2018 con cui è stato definito un preciso piano ambientale ed industriale con garanzia occupazionale, si continui a parlare di soli ammortizzatori sociali senza un briciolo di prospettiva e una gestione aziendale che fa acqua da tutte le parti. Quella sulla cassa integrazione è una discussione a cui avremmo voluto sottrarci ma nell'interesse dei lavoratori siamo stati oggi presenti nel ribadire, come abbiamo fatto da soli il 29 marzo scorso, la mancanza di presupposti per la concessione”. Per Guglielmo Gambardella e Davide Sperti, rispettivamente segretario nazionale della Uilm e segretario della Uilm Taranto, ”dopo l'aggiornamento del tavolo del ministero del Lavoro il Governo deve rompere gli indugi e assumere l’unica decisione possibile: far rientrare a lavoro i 2.500 lavoratori. Per quanto ci riguarda l'incertezza più grande è quella sulla visione di lungo periodo. Se rimarranno le attuali condizioni di governance, il futuro dell’acciaieria di Taranto e di tutto il gruppo ex Ilva è segnato. Siamo ancora in tempo se la presidenza del consiglio dei ministri assumerà, in tempi ristrettissimi, la regia per determinare il cambio di passo, in caso di diversità di vedute fra i ministeri competenti”. Anche la Fiom-Cgil ha manifestato fortissime perplessità denunciando che, nonostante la ripartenza di Afo2 e nonostante le recenti dichiarazioni dell'azienda circa i 60 milioni di nuovi ordini, si sia riscontrato un aumento ingiustificato del ricorso alla cassa integrazione ed una gestione aziendale degli ammortizzatori unilaterale e fuori controllo, anche in presenza di un accordo ministeriale”, affermano Roberto D'Andrea, coordinatore nazionale siderurgia per la Fiom-Cgil e Francesco Brigati, segretario generale Fiom-Cgil di Taranto.
Giampiero Guadagni