Da stamani, duecento lavoratori del petrolchimico di Gela, con le bandiere dei sindacati Cgil, Cisl e Uil, presidiano gli ingressi dell’aeroporto "Pio La Torre" di Comiso, per richiamare l’attenzione del governo nazionale sulla vertenza Eni. In uno striscione i motivi della loro protesta e l’appello al governo: "1.500 lavoratori dell’indotto Eni sono a casa, Matteo, aiutaci! Lavoro adesso!". Intanto centomila cartoline sono state spedite al premier, Matteo Renzi, per spronarlo a risolvere la "vertenza Gela". Le maestranze della raffineria gelese, dopo 16 giorni di scioperi, blocchi stradali e manifestazioni, hanno così deciso di portare fuori dalla provincia nissena la loro protesta. "Noi non ci fermeremo - hanno detto i segretari sindacali, Ignazio Giudice, Emanuele Gallo e Maurizio Castania - perchè l’Eni e la politica, finora troppo sorda, hanno il dovere di darci le risposte vitali per l’economia di questo territorio". I lavoratori chiedono il rispetto dei patti sottoscritti col protocollo d’intesa del novembre 2014 sulla riconversione "green" della raffineria di Gela e sulle bonifiche ambientali ma temono che quell’accordo sia diventato una scatola vuota, perchè a distanza di 14 mesi non sono ancora partiti i lavori di riqualificazione e le ricerche petrolifere per cui Eni ha stanziato 2,2 miliardi di euro, mentre gli operai dell’indotto, fermo da tre anni, restano disoccupati e senza ammortizzatori sociali. Una proroga straordinaria di tre mesi della cassa integrazione in deroga è stata decisa la scorsa settimana al ministero dello sviluppo economico ma Cgil, Cisl e Uil la considerano solo "un pannicello caldo". Sollecitano Renzi, Crocetta e l’Eni per un’apertura immediata dei cantieri e la firma all’accordo di programma tra governo centrale, Regione Sicilia e parti sociali, riguardante un nuovo piano industriale per il futuro sviluppo di Gela. Un apposito confronto è stato fissato per il 18 febbraio al Mise, dopo gli incontri preliminari tenuti lunedì e martedì a Palermo.
"Il sindacato si opporrà con tutte le sue forze allo smantellamento della chimica italiana". Lo afferma il segretario generale della Cisl, Annamaria Furlan, in una lettera aperta pubblicata oggi sul quotidiano "La Sicilia", nella quale sollecita il rispetto del protocollo di intesa che, ricorda, prevede a Gela la riconversione della raffineria Eni per la produzione di energia pulita e successivamente l’avvio del progetto di produzione del lattice naturale. "Un fatto che rappresenterebbe un segnale di speranza e di fiducia per il futuro di tante famiglie siciliane - sottolinea Furlan. Siamo contrari al disimpegno dell’Eni nei suoi stabilimenti di Porto Marghera, Ferrara, Mantova, Ravenna, Brindisi, Priolo, Ragusa, Porto Torres, il Centro ricerche - aggiunge la sindacalista della Cisl. L’Italia rischia di perdere una importante filiera industriale e l’Eni la sua caratteristica di azienda di "sistema", pensata da Enrico Mattei per garantire l’insieme del ciclo produttivo, dall’estrazione al consumo. Senza questi stabilimenti - prosegue - il nostro Paese non sarà più in grado di adeguare il proprio processo produttivo se vengono fatte fallire le riconversioni di "chimica verde" e sarà inevitabilmente costretto ad importare questi prodotti sostenibili. È questa la modernizzazione di cui parla il Governo? - domanda Furlan. Ecco perchè bisogna fare chiarezza sui piani industriali e finanziari dell’Eni, in tutte le aree del Paese. Per il futuro industriale dell’Italia, conclude, occorrono progetti, risorse ed anche un impegno straordinario del Governo, delle Regioni e delle parti sociali".