Uno stop di 4/6 settimane allo stabilimento Yara di Ferrara. La causa? Il costo del metano troppo alto. E così il caro-energia sta cominciando a presentare il conto all’industria. Da metà ottobre, infatti, la multinazionale norvegese Yara che produce ammoniaca nel polo chimico ferrarese, chiuderà i propri impianti per 4/6 settimane. La decisione dell’azienda è stata comunicata ai sindacati che rappresentano i circa 140 lavoratori dello stabilimento emiliano-romagnolo.
I vertici di Yara hanno spiegato che, sempre a causa del costo del metano, le principali aziende di fertilizzanti stanno rallentando la produzione e la marginalità sulla produzione di ammoniaca si è praticamente annullata. Quindi l’azienda preferisce fermarsi. Nonostante lo stop produttivo gli operai non saranno messi in cassa integrazione, ma impegnati in lavori di manutenzione, nel presidio per la sicurezza e in percorsi di formazione.
Una decisione accolta positivamente dai sindacati, che però sono molto preoccupati per una decisione forte come lo stop produttivo. Per tali motivi le categorie dei chimici di Cgil, Cisl e Uil provinciali convocheranno un’assemblea per fare il punto della situazione e decidere il da farsi.
Ma la Yara Internazional non è l’unica che oggi ha chiuso gli impianti. Con l’aumento dei prezzi del metano anche altri giganti industriali sono stati costretti a ridurre le produzioni come i produttori di fertilizzanti CF Industries e il gigante della chimica Basf. Già venerdì i futures sul gas europei sono saliti a un record di 100 euro per megawatt-ora, prima di precipitare del 3,1% a 94,7 euro ad Amsterdam dove continuano a oscillare.
A mettere in tensione i futures sul gas hanno contribuito i timori legati al fatto che la Cina ha ordinato alle compagnie energetiche statali di assicurarsi le forniture per questo inverno a tutti i costi. Il che ha impattato oggi anche sulle quotazioni del greggio. Salgono così i prezzi sulla rete dei carburanti: in evidenza il gpl, per effetto dell’aumento dei prezzi di contratto per ottobre, e soprattutto il metano auto, sotto la spinta dell’impennata delle quotazioni di gas: in alcuni impianti del centro-nord Italia quest’ultimo carburante ha avuto una vera e propria fiammata superando addirittura i 2 euro al kg. Salita più contenuta per i prezzi di benzina e diesel.
E mentre il costo del gas vola il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, assicura che “entro fine anno saranno aperte nuove pipeline e avremo una riduzione del prezzo del gas. Le bollette - aggiunge - aumentano all’80% per l'aumento del prezzo del gas e al 20% per quello del carbonio. Non si può dire che la transizione energetica aumenti il costo dell’energia. Vogliamo uscire dal gas e servono investimenti sulle rinnovabili”.
Sara Martano