Sabato 23 novembre 2024, ore 5:12

Partita europea

Calenda chiede la Var, ora arbitra Bruxelles

di Carlo D'Onofrio

Una deroga ai trattati, ecco la carta che Carlo Calenda vuole giocarsi a Bruxelles per disinnescare la mina Embraco e, in prospettiva, il rischio della delocalizzazione di massa dall’Italia ai paesi dell’Europa centro - orientale. Ieri il ministro dello Sviluppo Economico ne ha discusso con il commissario alla Concorrenza Margrethe Vestager, già allertata la settimana scorsa con una lettera.

Calenda ha chiesto che la Commissione verifichi se la Slovacchia ha violato le norma comunitarie in materia di aiuti di Stato, tentando Embraco, ma anche Honeywell, a stabilirsi entro i suoi confini con incentivi fiscali illegali. Un’operazione di dumping che Bratislava, ma l’accusa può essere estesa anche ad altre capitali dell’Europa orientale, non condurrebbe solo profittando del basso costo del lavoro e dell’energia, fattori ”strutturali”, se non dopati da aiuti, che riflettono un diverso stadio di sviluppo economico, dunque non contestabili in linea di principio. Ma anche, come da segnalazione dell’ambasciata italiana, attraverso l’impiego dei fondi strutturali per offrire condizioni più vantaggiose ai capitali stranieri.

Di qui la richiesta di poter ”combattere ad armi pari”. In altri termini, al governo italiano dovrebbe venir concesso di pareggiare l’offerta dei suoi competitor all’interno dell’Unione, mettendo sullo stesso piatto della bilancia un pacchetto di incentivi analogo. Secondo il ministro una soluzione di questo tipo più che una deroga rappresenterebbe un’interpretazione estensiva dei trattati.

Calenda con Vestager ha insistito anche su un’altra idea di cui da qualche tempo si è fatto sostenitore, vale a dire l’adozione di un fondo nazionale di aggiustamento alla globalizzazione che, a quanto si intuisce, dovrebbe in parte ricalcare le caratteristiche del Fondo europeo di aggiustamento alla globalizzazione (Feg).

Da Vestager nessun commento. La commissaria, un interlocutore non di rado scorbutico per le multinazionali, specie quelle del big tech - basta chiedere a Apple e Google, messe sulla graticola per le loro politiche di arbitraggio fiscale tra gli stati membri e colpite da multe salate - parlerà oggi in conferenza stampa. Ma stando a ciò che riferisce Calenda è sembrata ”aperta” all’idea del fondo di aggiustamento e ha manifestato comprensione per le tensioni suscitare dalle delocalizzarioni. Inoltre ”mi ha assicurato che la Commissione è molto intransigente nel verificare i casi in cui c’è un problema o di uso sbagliato o non consentito degli aiuti o, peggio, di aiuto di Stato per attrarre” imprese ”da Paesi che sono parte dell’Ue”.

Ad ogni modo è difficile pensare che nell’immediato la Commissione si sbilanci in una controversia che vede fronteggiarsi due stati membri. Un assaggio di questo orientamento l’ha offerto proprio ieri il portavoce dell'esecutivo comunitario Ricardo Cardoso. Sul progetto di un fondo per gestire le delocalizzazioni ”non è possibile fare commenti” poiché mancano ”dettagli sul progetto”.

Quanto alla lettera con cui Calenda ha denunciato le pratiche fiscali della Slovacchia per favorire l'arrivo di multinazionali nel Paese, la Commissione risponderà "sulla base delle procedure normali”, ha spiegato Cardoso, ma per il momento ”non siamo nella posizione di commentare su un sistema fiscale di uno Stato membro, a meno che non ci sia un'inchiesta in corso".

Calenda ha comunque escluso qualsiasi volontà da parte dell’Italia di chiedere a Bruxelles di adottare ”ritorsioni” ma ha proposto ”una soluzione che secondo me può funzionare e che consente, stando dentro ai Trattati, di occuparsi di un tema che è quello delle reindustrializzazioni che sarà centrale delle nostre economie nei prossimi anni”.

Uno che l’Unione Europea la conosce bene, Romano Prodi, sembra però non nutrire la stessa fiducia che nutre Calenda. Il professore, che non è nuovo a giudizi tranchant sulla piega presa dalla costruzione europea, va giù duro: ”La vicenda Embraco è il classico caso che dimostra come in realtà non ci sia l'Europa, come ogni paese cerchi di fare i propri interessi. Bisogna finirla con questa musica - sbotta Prodi - Serve riconoscere un'Europa a due velocità, è inevitabile. E che noi siamo nella prima. Serve un'Europa forte". Più indulgente il giudizio su Calenda, contro il quale piovono da destra e da sinistra le accuse di strumentalizzare il caso Embraco a fini elettorali, benché non sia candidato alle elezioni: ”Quando ti portano via un'azienda sotto il naso - concede Prodi - non si può pensare che la cosa venga accolta con gioia da un ministro della Repubblica".

 

( 21 febbraio 2018 )

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