Il caso Bekaert rischia di diventare ”una bomba sociale e di ordine pubblico per il Valdarno”. A lanciare l’allarme, il giorno dopo l’assemblea in fabbrica con i lavoratori, in cui le organizzazioni sindacali hanno riferito l’esito dell’incontro di martedì a Roma con il ministero dello Sviluppo economico, è il segretario generale della Fim Toscana, Alessandro Beccastrini.
Bekaert ha comunicato a fine giugno l’intenzione di dismettere la fabbrica di Figline Valdarno in cui produce steel cord, cavi d’acciao che servono, tra le altre cose, a rinforzare gli pneumatici: una produzione matura che la multinazionale belga ritiene più redditizio realizzare in Romania.
E’ una storia molto simile a quelle che il precedente governo ha dovuto affrontare con Embraco e Honeywell, altre due multinazionali attratte dalle sirene dell’Europa orientale, dove il costo del lavoro è più basso ed il fisco più clemente. Simile è anche l’exit strategy adottata, specie da Embraco e Bekaert: forzare la mano, mettere governo e sindacati davanti al fatto compiuto dei licenziamenti per velocizzare la trattativa. Nel caso di Embraco la manovra è sostanzialmente riuscita, anche se il gruppo brasiliano controllato da Whirlpool è stato costretto dalle resistenze incontrate a concedere un pò più di tempo. Tempo che il governo ha impiegato per mettere Invitalia sulle tracce di qualche impresa interessata alla reindustrializzazione della fabbrica di Riva di Chieri, nel torinese. Missione compiuta: i 417 lavoratori saranno assunti dalla Ventures Srl, joint-venture sino-israeliana che produrrà a Riva di Chieri robot per pulire pannelli fotovoltaici e più avanti sistemi per la depurazione delle acque.
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