La vicenda ArcelorMittal si protrae. La prossima settimana ci sarà un nuovo incontro alla presenza anche dell’azienda. Ieri in videoconferenza col Governo c’erano i sindacati ed i commissari straordinari dell’Ilva.
“Al Governo abbiamo chiesto di uscire dal torpore e di mettere in campo azioni e decisioni per far valere gli impegni presi dal Gruppo nell’Accordo del settembre 2018 - afferma il segretario generale aggiunto Cisl, Luigi Sbarra -. Non è più accettabile lo scaricabarile ed il rinvio delle iniziative che riguardano il futuro della produzione di acciaio nel nostro Paese. Le responsabilità del Governo e della proprietà non possono sempre ricadere sulle spalle dei lavoratori. Ci sono relazioni da ricucire - continua Sbarra - ma anche clausole contrattuali da far pesare nel caso malaugurato in cui si dovesse continuare secondo una logica di rapporto di forza. Se l’azienda vuole sfilarsi lo dica e si prepari a pagare penali salate. Noi restiamo all’accordo che impegna la proprietà a esuberi zero, al recupero dei lavoratori in cassa integrazione e in Amministrazione straordinaria, alla tutela piena dei dipendenti dell’indotto e dell’appalto”. E conclude: “Chiediamo all’Esecutivo il massimo impegno per stringere la proprietà alle proprie responsabilità rispetto agli investimenti in materia di sicurezza, sul pieno rispetto della capacità produttiva, sull’aggiornamento e la riqualificazione degli impianti a caldo, sul piano ambientale e il risanamento ecologico. La vertenza sull’ex-Ilva è diventata l’emblema di un Paese che non riesce a trovare la propria bussola industriale. E' tempo di invertire la rotta: Governo e Azienda assicurino continuità occupazionale e produttiva in tutti gli impianti presenti nel Paese per un effettivo rilancio della siderurgia italiana”.
Da parte sua il ministro Patuanelli assicura che “l’accordo del 4 marzo è un accordo di investimento e coinvestimento da parte dello Stato, che vogliamo portare avanti”.
Intanto ieri a Taranto ci sono stati anche momenti di tensione, con vivaci scambi di opinioni, tra i lavoratori di ArcelorMittal in presidio davanti allo stabilimento siderurgico di Taranto per lo sciopero contro il nuovo piano industriale della multinazionale. Si chiedono garanzie sul piano occupazionale. I lavoratori sono stanchi delle promesse fatte e mai mantenute: “Con ArcelorMittal sembrava tutto sistemato - afferma un lavoratore - ma dopo meno di due anni ci ritroviamo con gli stessi problemi, anzi le cose sono peggiorate. Lo stato d’animo? Stando a casa con 800 euro di cassa integrazione cosa dobbiamo dire? Hanno buttato la chiave e non stiamo lavorando più”.
“La realtà - ha evidenziato il segretario generale della Fim, Marco Bentivogli durante la viodeoconferenza - è che con l’introduzione dell’emendamento, con cui si è cancellato
lo scudo penale, è iniziato il disimpegno. L’azienda pagava 1,8 miliardi per acquisire Ilva e ora metterà 500 milioni per una partecipazione di minoranza, magari con il prestito previsto dal dl liquidità. E tutto il resto lo metteranno i contribuenti”.
Secondo ArcelorMittal, l’accordo del 4 marzo fatto con il Governo (e senza il sindacato)
viene rimesso in discussione dalla vicenda Covid. Intanto il piano inviato venerdì è ritenuto inaccettabile e inadeguato sia dal Governo che dai sindacati.
“Il nuovo piano - continua Bentivogli - prevede 3.200 lavoratori in cigs già nel 2020 a cui aggiungere quelli in amministrazione straordinaria. Far slittare dal 2023 al 2025 come traguardo per ambientalizzazione e piena occupazione non solo è inaccettabile ma è anche solo teorico, perché inconsistente sul piano degli investimenti e discutibile dal punto di vista dell’efficacia per il rilancio produttivo”.
“Il Governo - conclude Bentivogli - conferma la disponibilità dello Stato al coinvestimento ma in questo contesto bisogna assolutamente riverificare se esiste un soggetto industriale che si senta ancora impegnato nel rilancio e ambientalizzazione del Gruppo ex-Ilva”.