Nessuno si deve tirare indietro, nessuno ha il potere di veto. Ma non c’è più un minuto da perdere. Per questo, e in assenza al momento di una posizione comune tra le confederazioni sindacali, la Cisl ha deciso di offrire al confronto delle parti sociali la propria proposta sulla riforma del modello contrattuale, scaduto e quindi non più attuale, tanto più urgente in quanto ”bisogna evitare la tentazione molto forte della politica di legiferare”. Parole di Annamaria Furlan, che insieme al segretario confederale Gigi Petteni ha illustrato ieri questa proposta in conferenza stampa. Spiegando: ”E’ necessario trovare una sintesi tra chi come Squinzi dice che non si fanno i rinnovi dei contratti senza prima il nuovo modello contrattuale; e chi dice che del nuovo modello contrattuale se ne parlerà poi. Per noi il tavolo di confronto si doveva fare ieri. Per arrivare ad un accordo prima della legge di Stabilita, che dovrà contenere le agevolazioni per i salari di produttività”.
Furlan vede un altro rischio nel rimanere fermi: “Definire per legge il salario minimo. In questo modo i salari si abbassano e non si alzano”.
Il punto di partenza della proposta è che la contrattazione è un ”volano di sviluppo economico e sociale capace di rilanciare la competitività delle imprese attraverso la valorizzazione del lavoro”. In questo quadro, spiega Furlan, il contratto nazionale resta l’ombrello a copertura del potere d'acquisto anche alla luce delle attese inflazionistiche nell'Eurozona. E anzi deve essere esteso anche a chi oggi non lo ha, precari e atipici. Fissa i minimi salariali in alternativa al salario minimo di legge e promuove la previdenza complementare. Il contratto nazionale va dunque mantenuto, ma la produttività si realizza nel territorio. E allora, occorre irrobustire il secondo livello, aziendale e appunto territoriale.
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