L’Europa avrà pure cambiato marcia e agganciato il treno della ripresa (anche se alcuni vagoni - tra i quali il nostro - sono ancora a rischio deragliamento), ma i lavoratori sono rimasti in attesa sulla banchina. E’ quanto emerge da un rapporto della Confederazione europea dei sindacati (Ces).
Dati alla mano, i salari reali sono diminuiti tra il 2009 e il 2016 in sette paesi europei mentre in 18 sono cresciuti più lentamente rispetto al periodo precedente la crisi economica.
Negli ultimi sette anni, in particolare, i salari reali (al netto dell'inflazione) sono diminuiti ogni anno in media del 3,1% in Grecia; 1% in Croazia; 0,9% in Ungheria; 0,7% in Portogallo; 0,6% a Cipro; 0,4% nel Regno Unito, e 0,3% in Italia.
In Austria, Belgio, Repubblica Ceca, Danimarca, Estonia, Finlandia, Francia, Irlanda, Lettonia, Lituania, Lussemburgo, Malta, Paesi Bassi, Romania, Slovacchia, Slovenia, Spagna e Svezia, invece, nel periodo tra il 2009 ed il 2016, la crescita dei salari reali è stata inferiore rispetto agli anni 2001-2008. Ma per alcuni casi particolari sarebbe più giusto parlare di un vero e proprio crollo: dal 11,2% nel 2001-2008 allo 0,1% nel 2009-2016 in Romania, dall’8,8 all’1% in Lituania, dal 10,6 all’1,2% in Lettonia.
Solo in 3 paesi (Germania, Polonia e Bulgaria) gli incrementi salariali nel corso degli ultimi sette anni hanno superato quelli del settennato precedente.
Persino nell’ultimo anno, quando la crescita ha subito un’accelerazione, i salari reali sono addirittura diminuiti in Belgio mentre in Italia, Francia e Grecia sono rimasti stagnanti.
"Questa è una notizia molto brutta, non solo per i lavoratori e le loro famiglie, ma anche per le imprese", avverte la segretaria confederale della Ces, Esther Lynch, rilanciando la campagna della Ces per l’incremento dei salari medi dei lavoratori europei.
Partita che, ovviamente, vede in prima fila anche il sindacato italiano, impegnato in questi giorni anche nel dibattito sulla riforma dei voucher (che la Cgil vorrebbe invece abolire per referendum) e di un nuovo strumento di contrasto alla povertà come il reddito di inclusione, fortemente sostenuto dalla Cisl in alternativa al reddito di cittadinanza cavalcato dal Movimento 5 stelle.
Questioni su cui stamane è tornata anche la segretaria generale della Cisl, Annamaria Furlan, aprendo i lavoratori del Comitato esecutivo Cisl. "Come giustamente sottolinea oggi la Ces, - avverte la leader di Via Po - se i lavoratori hanno meno da spendere ne soffre tutto il sistema economico e produttivo. Ecco perché ci aspettiamo una svolta positiva dal prossimo vertice europeo del 25 marzo che si svolgerà a Roma in occasione dei sessant’anni dei Trattati europei. Bisogna non solo riscrivere lo statuto economico europeo, ma occorre anche armonizzare il sistema fiscale e rivedere le aliquote dell’Irpef per far crescere i salari e le pensioni. Accanto a questo bisogna imboccare decisamente la strada degli investimenti pubblici e della maggiore crescita perché i salari non sono una variabile indipendente dallo sviluppo”.
(Approfondimento domani su Conquiste Tabloid)