Tra governo e sindacati del pubblico impiego è sempre più braccio di ferro. Oggi è stato il ministro dell’Economia Giancarlo Padoan a chiudere la porta rispetto alle richieste sindacali, ribadendo che “lo stanziamento” previsto in manovra per i contratti della P.a. è “coerente con la sentenza della Corte costituzionale. Occorrerà definire i comparti, - ha aggiunto - si potrà così valutare, con la prossima legge di Stabilità, uno stanziamento maggiore”. Tutt’altro stile rispetto a quello della ministra della Funzione Pubblica, Marianna Madia, che ieri aveva conquistato le simpatie dell’opinione pubblica con un’ovvietà peraltro già prevista dalla legge: vale a dire il licenziamento del dipendente pubblico che falsifica le presenze. E infatti il decreto legislativo 150 del 27 ottobre 2009, prevede espressamente il licenziamento disciplinare in caso di “falsa attestazione della presenza in servizio” e si fa cenno proprio “all’alterazione dei sistemi di rilevamento” e ad “altre modalità fraudolente”.
Il punto è, come ha sottolineato stamane la segretaria generale della Cisl, Annamaria Furlan, è che, come sempre, si finisce per cadere nella generalizzazione, dimenticando che nella pubblica amministrazione “ci sono lavoratori che fanno, come ad esempio negli ospedali, molte ore di straordinario senza che queste vengano loro pagate”. E questo senza giustificare casi come quelli raccontati dalle cronache nei giorni scorsi. “Le cose vanno verificate perchè licenziare un lavoratore è sempre pesante, ma se c’è dolo - ha precisato la leader di Via Po - non c’è alcuna giustificazione per chi timbra il cartellino e fa altro. Non c’è giustificazione - ha aggiunto - in un paese con 3 milioni di disoccupati e giovani che vanno fuori in cerca di lavoro”, ricordando che “le regole ci sono già e vanno applicate”.
Proprio per questo, secondo il numero uno della Cisl Fp, Giovanni Faverin, “il governo cerca solo lo scontro ideologico. Vuole dire al Paese ’io penso alle persone che hanno bisogno mentre voi statali avete il posto fisso e non rompete le scatole”. In un’intervista pubblicata oggi sul Corriere della Sera, Faverin replica, in particolare alla ministra Madia sostenendo che “la responsabile della più grande azienda pubblica italiana, fatta di 11.400 amministrazioni, dovrebbe parlare di organizzazione, di innovazione. Non di licenziamenti”. Ma i provvedimenti disciplinari non bastano. “È un problema di volontà della politica, prima di tutto. E di responsabilità dei dirigenti, che oggi ci pensano due volte prima di avviare un procedimento perchè rischiano di dover pagare di tasca loro se il tribunale dà ragione al dipendente licenziato”. Piuttosto, secondo il sindacalista, è grave che per il rinnovo del contratto degli statali il governo preveda “solo 300 milioni. È un altro modo per cercare lo scontro. Ma il punto non è quanto, il punto è come dai quei soldi. Bisogna fissare degli standard di produttività e di qualità del servizio. Chi sta sopra ha un incentivo chi sta sotto no”. “Essere tutti obbligati a lavorare su obiettivi di risultato è l’unico modo per raggiungere l’efficienza. Anche nel settore pubblico. E invece qui - conclude - siamo a parlare di licenziamenti, di soldi che non ci sono”.