Gli italiani chiamati alle urne per i ballottaggi in 63 Comuni erano circa cinque milioni. Cinque milioni di persone che dovevano decidere chi avrebbe governato la propria città per i prossimi cinque anni. Ma l’affluenza si è fermata al 49%, in calo di quasi il 10% anche rispetto al primo turno.
Che spiegazione dare ? In una intervista al ”Messaggero” Massimiliano Valerii, direttore del Censis, ha osservato che che ”un calo è fisiologico”, ma con l’ulteriore flessione del ballottaggio ”si registra un segnale molto preoccupante: una sfiducia profonda. La società italiana sta superando la fase dell’anti-politica ma non sa bene dove andare”. Per il direttore del Censis ”si sono formate aspettative sociali disattese. Nonostante stiano arrivano 200 miliardi di fondi europei, non c’è certezza sulla capacità del Paese di crescere a un buon livello per più anni. È questo buco nero di consapevolezza che genera una sfiducia profonda”. Dunque l’astensione come i no vax sono ”la spia di un malessere più generale e più profondo”.
E questo malessere gli schieramenti politici devono non alimentare, come è stato fatto nelle ultime settimane, ma affrontare con risposte adeguate. Questa dunque la prima sfida.
Nel frattempo ci si interroga su quale sarà la ricaduta del voto locale sul quadro nazionale. Se cioè il governo Draghi esca rafforzato o debba attendersi fibrillazioni da un risultato che premia la coalizione a guida Pd; e punisce severamente i ”gemelli diversi” del populismo: M5S da una parte; Lega e Fratelli d’Italia dall’altra.
Giampiero Guadagni