Gran parte della giornata di venerdì è trascorsa nell’attesa di notizia su squadra e programma, in attesa della salita al Colle del Professore per sciogliere la riserva. Previsto poi martedì il voto di fiducia al Senato, mercoledì quello a Montecitorio.
Quanto ai nomi dei ministri, riservatezza fino all’ultimo minuto. Draghi ha scelto in modo autonomo, come da sue prerogative costituzionali, senza aprire contrattazioni con i partiti, con la volontà dopo attento ascolto di comporre la squadra di più alto profilo possibile.
Quanto al programma coesione è la parola che Draghi pone al centro. Coesione sociale, ma anche coesione delle forze che sosterranno l’azione dell’esecutivo. Solo con la coesione - è il ragionamento - si può dare corpo a decisioni coraggiose nel Paese. I cardini sono stati indicati dall’ex presidente Bce nell’intervento al Quirinale dopo aver ricevuto l'incarico e dettagliati nelle consultazioni.
Il primo punto è l’uscita dall’emergenza Covid, a partire dall’accelerazione della campagna di vaccinazione sul modello inglese. Solo così si potrà avviare la lenta ripresa. Draghi pone al centro dell’azione del suo nascente esecutivo i giovani. Per dar loro una prospettiva di futuro, è cruciale il rilancio dell'economia - ha spiegato agli interlocutori - attraverso il Recovery plan. L’impegno è non alzare le tasse e rilanciare il tessuto produttivo, non puntare solo sui sussidi, ma anche non smantellare il reddito di cittadinanza. E intanto porre al centro di tutte le politiche l'ambiente, con la nascita del citatissimo ministero della Transizione ecologica.
Nell’immediato ci dovranno essere le risposte alle sollecitazioni poste dalle parti sociali per una nuova politica industriale; e dai sindacati in particolare sulla proroga del blocco dei licenziamenti e della cassa Covid.
Intanto Draghi può contare sulla grande credibilità internazionale e sulla fiducia dei mercati. Dal giorno dell’apertura della crisi, lo spread è sceso di 25 anni punti, attestandosi ormai intorno a quota 90.
E secondo un sondaggio dell’Istituto Piepoli pubblicato da Repubblica, il primo sull’esito della crisi di Governo, il presidente del Consiglio incaricato ha il gradimento della maggior parte degli italiani. E Matteo Renzi risulta il vincitore della crisi. Il leader di Italia viva conferma di avere sempre sognato Draghi a Palazzo Chigi ma afferma che il vero protagonista della svolta, una volta caduto Conte, è stato il Presidente della Repubblica Mattarella.
Ma la condotta di Renzi è ancora duramente criticata dal segretario del Pd Zingaretti che alla direzione del suo partito ha difeso il valore dell'asse con M5s e Leu non solo nel sostegno al passato esecutivo di Conte, ma anche in prospettiva, in vista delle imminenti amministrative e delle successive politiche. Un sì incondizionato a Draghi che stoppa ogni tentativo di frenare: il segretario avverte che si va incontro ad una esperienza ”innovativa” che però non distruggerà la politica.
Il riferimento esplicito è alla forzata coabitazione con la Lega, scelta che corrisponde all’appello di Mattarella per un governo senza colore politico.
E per ora senza veti appare l’atteggiamento di Matteo Salvini che negli ultimi giorni si è posizionato su una linea europeista, rafforzando l’asse con Forza Italia e soprattutto assecondando la richiesta dei governatori leghisti e del mondo di piccole e medie imprese del Nord, tradizionale punto di riferimento.
Giampiero Guadagni