Dunque, giovedi in mattinata, mentre Draghi a Montecitorio parlava della guerra in Ucraina, era stato diffuso un comunicato congiunto di Lega e Forza Italia che bloccava l’accordo sui balneari e quindi appunto il ddl Concorrenza. Stesso stallo per la riforma dell'ordinamento giudiziario, che approderà in Aula solo dopo il referendum del 12 giugno, come ha imposto la Lega. Uno slittamento per la campagna elettorale, quest'ultimo, che si è andato ad aggiungere a quello della delega fiscale (riforma anch'essa legata al Pnrr) e del decreto Aiuti: in questo caso i pentastellati sono pronti a non votare la fiducia contro l’inserimento della misura sui termovalorizzatori.
Insomma una paralisi totale dell’attività parlamentare.
D'altra parte, lo stesso emendamento sui balneari era passato proprio in Consiglio dei ministri il 15 febbraio, così come la riforma dell'ordinamento giudiziario, poi rimesse in discussione ad ogni passaggio. E in Consiglio dei Ministri è partita una sferzata alla maggioranza. Sferzata più nel contenuto che nei toni. Ha ricordato infatti Draghi: ”Questo governo è nato per attuare il Pnrr ed è su questo che ha ottenuto la fiducia dalle Camere. Se non si portano avanti le riforme attuative si mette in discussione l’esistenza stessa dell’Esecutivo”. In questo senso la fiducia sulle riforme ha una coerenza politica con il mandato del Governo. Nel merito della norma sui balneari, poi, risulta insostenibile che il legislatore non recepisca le indicazioni delle norme europee e la sentenza del Consiglio di Stato, che aveva indicato nel 31 dicembre 2023 il limite oltre il quale dovevano partire le gare. Quindi il ddl Concorrenza deve andare in Aula al Senato entro il 31 maggio, per poi consentire il passaggio alla Camera.
Nelle stesse ore, dopo l’informativa del premier, il Parlamento ha approvato a larghissima maggioranza una risoluzione che impegna ”a sostenere dal punto di vista umanitario, finanziario e militare l'Ucraina, a tenere alta la pressione sulla Russia, anche attraverso sanzioni, e a ricercare una soluzione negoziale”. Draghi ha ricordato che la rotta su cui si è mossa, e continuerà a muoversi, l’Italia è stata già tracciata dal Parlamento. Ma il M5S, dopo aver evocato la crisi di governo per l’esito del voto sulla presidenza della commissione Esteri del Senato, chiede al premier di tornare in Aula prima del Consiglio europeo straordinario di fine mese, ”per avere un mandato forte e trasversale da parte di tutte le forze politiche”. In sostanza, un nuovo voto.
Giampiero Guadagni