Il basso tasso di occupazione delle donne ha un costo enorme per il paese, in termini economici, previdenziali, demografici. La conferma arriva da uno studio dell'Istituto Europeo per l'Uguaglianza di Genere (Eige). Secondo lo studio, il miglioramento della parità di genere potrebbe portare a un aumento del Pil pro capite dell’Ue compreso tra il 6,1% e il 9,6% entro il 2050, con un impatto potenziale sul Pil in determinati Stati membri che potrebbe arrivare fino al 12% entro il 2050. L'Italia si colloca tra i Paesi per i quali l'impatto stimato è più elevato, ossia tra quelli che potrebbero raggiungere un aumento di circa il 12%. “Colmare la parità tra uomo e donna in ogni ambito della vita privata e pubblica - ha sottolineato a proposito ha sottolineato il segretario generale di Unioncamere, Giuseppe Tripoli - consente di avere una crescita di diversi punti del Pil. Per le imprese, ha aggiunto Tripoli, “perseguire questo obiettivo ha un impatto positivo su diversi fronti”: il 41% delle aziende che ha un mix management registra un aumento della propensione ad innovare contro il 37% che non hanno questa collaborazione di genere; il 46% che ha una presenza nei ruoli manageriali di uomini e donne prevede aumenti del fatturato per il 2024, contro il 29% delle altre; il 40% si attende un aumento dell'export nel 2024 contro 29% delle altre.
L’Italia, come detto, è molto indietro rispetto alla Ue. Se il tasso di occupazione totale ha raggiunto il record del 61,7%, quello femminile, nonostante una crescita ininterrotta dalla metà del 2021, è inferiore a quello di tutti gli altri Paesi dell’Ue. Un ritardo aumentato durante la pandemia. Il tasso di occupazione delle donne tra i 15 e i 64 anni è al 52,6%, ossia venti punti in meno di quello degli uomini. Nella Ue, a livello medio, questa distanza è di “soli” 10 punti percentuali, la metà rispetto all’Italia. Ai livelli dell’Italia sono sono la Grecia e la Romania. La media Ue delle donne occupate è del 62,7%. A questi dati si devono aggiungere quello sul tasso di disoccupazione femminile che resta cristallizzato al 9,1% contro il 6,8% degli uomini, divario che aumenta per la fascia d'età fra i 15 e i 24 anni. Non solo. La sfera della non partecipazione vede ancora penalizzate le donne con un tasso di inattività del 43,4% contro il 25,2% degli uomini.
Ad aver più difficoltà nel lavoro sono le madri, al contrario degli uomini: quelli con figli hanno un tasso di occupazione più elevato (90,1%) rispetto a quelli che non ne hanno (81,1%) e lavorano meno frequentemente part-time. Le madri, oltre a essere quelle con il tasso di occupazione più basso, sono anche la categoria che presenta l’incidenza più marcata di lavoro a tempo parziale (più del 23%). Anche per questo, tra le politiche cruciali per l’occupazione femminile, ci sono quelle che riguardano i servizi e il welfare. Progetti come quelli per gli asili nido - finanziati con le risorse del Pnrr - avranno un impatto sul paese maggiore di quello che si possa pensare.
Ilaria Storti