Un dato che non era previsto ma forse temuto. Infatti, l'economia americana si contrae per il secondo trimestre consecutivo, facendo scivolare gli Stati Uniti in 'recessione tecnica' e complicando la battaglia della Fed all'inflazione a colpi di rialzi dei tassi di interesse. Dopo il -1,6% dei primi tre mesi dell'anno, il pil del secondo trimestre è sceso dello 0,9%, sorprendendo gli analisti che scommettevano su un rialzo seppur di misura. Invece il nuovo calo alimenta il dibattito a Washington, scatenando una guerra sulle parole. Per i repubblicani gli Stati Uniti sono ufficialmente in recessione a causa delle politiche dell'amministrazione Biden. La Casa Bianca, forte anche delle parole del presidente della Fed, Jerome Powell, non condivide la definizione di 'recessione tecnica' per due trimestri negativi di crescita e mette la questione nelle mani del National Bureau of Economic Research. Il Nber, infatti, è il vero arbitro delle recessioni americane, certificate dall'analisi di un'ampia gamma di parametri inclusi i redditi delle famiglie e il mercato del lavoro. "Il rallentamento dell'economia non è una sorpresa mentre la Fed agisce per far calare l'inflazione", è stato il commento a caldo di Joe Biden, che ha citato Powell e molti nella comunità bancaria secondo i quali "non siamo in recessione".
Anche se "ci troviamo ad affrontare sfide globali storiche, siamo sulla strada giusta ed emergeremo da questa transizione più forti. Il nostro mercato del lavoro resta solido, e le spese dei consumatori continuano a crescere", ha aggiunto il presidente rassicurando gli americani sullo stato di salute dell'economia. Biden è consapevole che una recessione rischia di ridurre ulteriormente le chance dei democratici alle elezioni di metà mandato di novembre, quando si rinnoverà gran parte del Congresso, e di complicare ulteriormente una sua possibile candidatura alla Casa Bianca per il 2024. La frenata dell'economia apre infatti un altro fronte pericoloso per il presidente, già in calo nei sondaggi e con una fetta del partito democratico che vorrebbe una sua uscita di scena alla fine del primo mandato.
A confortare Biden è il fatto che molti economisti non ritengono che l'economia americana abbia, almeno per il momento, centrato i requisiti di una formale definizione di recessione, che comprendono molti fattori economici. "Non riteniamo che ci sia una recessione almeno per ora. Certo è che il trend della domanda si sta indebolendo e che c'è un chiaro rallentamento dal primo trimestre", affermano alcuni analisti di Bank of America, constatando il livello anemico delle spese dei consumatori, salite solo dello 0,3%. "Stiamo assistendo a un forte e necessario rallentamento più che a una recessione", osserva David Mericle, capo economista per gli Usa di Goldman Sachs spiegando che una crescita più lenta è necessaria per riequilibrare la domanda e l'offerta per beni e servizi, e per frenare l'inflazione. La lotta al caro-prezzi vede la Fed in prima linea. Per la prima volta dai tempi di Paul Volcker, la banca centrale americana ha alzato il costo del denaro dello 0,75% in due riunioni consecutive. Una mossa aggressiva per raffreddare la domanda e l'economia, e di conseguenza i prezzi, ma che rischia non solo di frenare la ripresa ma di bloccarla del tutto fino a una recessione 'reale'. Un sentiero c'è ma è sempre più stretto.
Anche nel vecchio Continente soffiano venti di recessione, anche se non immediata. La conferma viene dal fatto che a luglio scendono ancora le aspettative economiche di consumatori e imprese nell'Ue e nell'eurozona. Secondo le stime flash della Commissione Ue, nel luglio 2022, l'indicatore del sentiment economico (Esi) è crollato sia nell'Ue (-4,2 punti a 97,6) che nella zona euro (-4,5 punti a 99,0), scendendo al di sotto della sua media di lungo periodo. Anche l'indicatore delle aspettative occupazionali (Eei) è è diminuito notevolmente (-3,6 punti a 106,6 nell'UE e -3,2 punti a 107,0 nell'area dell'euro), pur rimanendo al di sopra della media di lungo periodo. Nell'Ue, il calo dell'Esi a luglio è dovuto a perdite significative nell'industria, nei servizi, nel commercio al dettaglio e nella fiducia dei consumatori. consumatori, mentre la fiducia nel settore delle costruzioni è diminuita in modo più lieve.
L'Esi è sceso notevolmente in quattro delle sei maggiori economie dell'Ue, Spagna (-5,0), Germania (-4,9), Italia (-3,4) e Polonia (-3,2), mentre è rimasto sostanzialmente stabile in Francia (-0,1) e nei Paesi Bassi (+0,2), si legge nel rapporto della Direzione Generale Economia e Finanze dell'esecutivo europeo. La sostanziale diminuzione della fiducia dell'industria (-2,8) è dovuta a un significativo peggioramento della valutazione dei manager dell'attuale livello del portafoglio ordini complessivo e delle aspettative di produzione, che sono scese ai minimi da 20 mesi a questa parte.
Rodolfo Ricci