C'è qualcosa che non torna a Bruxelles. Il socialista Josep Borrell, la popolare Ursula von der Leyen, il liberale Charles Michel: nel puzzle comunitario andato in tilt sul Memorandum d'intesa firmato con Tunisi ogni ragionamento non può che essere legato anche all'appartenenza politica, destinata ad acquisire più peso con l'avvicinarsi delle Europee e di una campagna che difficilmente potrà prescindere dal fattore migrazione. La presidente della Commissione, stando ai rumors brussellesi, punta ad una riconferma. Un piano efficace sulla migrazione, in questo senso, sarebbe un jolly non da poco da giocarsi con i leader ed eurodeputati del centrodestra.
Ma von der Leyen è costretta a muoversi con estrema prudenza: da qui in avanti, come è accaduto con il Memorandum firmato con Tunisi, ogni presunto passo falso potrebbe essergli fatale. A Bruxelles era piuttosto noto lo scetticismo di Borrell sull'intesa firmata a Cartagine a luglio da von der Leyen, Mark Rutte e Giorgia Meloni. Nella lettera indirizzata al commissario Oliver Varhelyi e al capo dell'esecutivo europeo, l'Alto Rappresentante ha mosso riserve procedurali che hanno trovato terreno fertile non solo nel Consiglio Ue ma anche in diversi Stati membri.
Se si va a guardare la posizione del Partito socialista europeo - di cui Borrell fa parte - le riserve tuttavia diventano di merito e fanno a capo innanzitutto alla questione del rispetto dei diritti dei migranti e delle garanzie democratiche che può offrire il presidente tunisino Kais Saied. All'ultima plenaria a Strasburgo nel dibattito sull'intesa solo il Ppe, non a caso, si è mostrato l'unico gruppo compattamente a favore. Da qui in avanti von der Leyen dovrà agire da equilibrista anche per un'altra ragione: i piani attuativi del Memorandum che comportano un esborso di fondi - i 105 milioni per la gestione delle frontiere e i 150 a supporto del budget tunisino - necessitano del via libera dei Paesi membri. Ogni attore vuole vederci chiaro, valutando anche eventuali conseguenze sugli equilibri politici interni. Nel governo tedesco, ad esempio, è la componente dei Verdi ad essere tra le più intransigenti, sia su alcuni aspetti legati al Patto sulla migrazione sia sull'intesa con Saied.
E, con i rapporti ormai da tempo ai minimi, è difficile che alla presidente della Commissione arrivi una sponda dal presidente del Consiglio Ue Michel. I fautori del Memorandum auspicano che nelle prossime settimane i toni calino e si possa continuare un percorso che, a giugno, aveva fatto ben sperare. Eppure, anche in Cdm, la premier Meloni, puntando il dito innanzitutto contro Borrell, ha ribadito il suo sospetto: in Ue ci sono forze che vogliono sabotare l'accordo con Tunisi. Il clima, con l'avvicinarsi delle Europee, non è destinato a migliorare.
Ed è per questo che, da New York, la presidente dell'Eurocamera Roberta Metsola ha ribadito quello che per lei è ormai un assioma: "Le risposte servono prima del voto in Ue, altrimenti i cittadini non ci capiranno". Un altro fronte che sta nascendo è quello tra Parigi e Berlino. Usare la clausola passerella per aumentare la possibilità di ricorso alla maggioranza qualificata in Consiglio Ue e, in vista dell'allargamento, mettere in campo una riforma dei Trattati oppure, se ciò non è percorribile, "delineare il futuro dell'integrazione europea secondo 4 distinti livelli concentrici". Lo propone un documento stilato da Francia e Germania sul futuro dell'Europa. Secondo Parigi e Berlino i 4 livelli sarebbero costituiti da "un inner circle" composto dai Paesi dell'Eurozona e Schengen, dai Paesi dell'Ue, dall'Ue più i membri associati (come Gran Bretagna o Svizzera) e dalla Comunità Politica europea. Il paper franco-tedesco è un documento di sessanta pagine, stilato dal gruppo di lavoro guidato da Parigi e Berlino sulla riforma delle istituzioni comunitarie e sull'allargamento.
Sul fronte dei processi decisionali il paper punta ad estendere l'approvazione a maggioranza qualificata praticamente a tutte le decisioni politiche di competenza europea. L'unanimità, si legge, resterebbe richiesta per "le decisioni costituzionali, come la modifica dei trattati dell'Ue, l'accettazione di nuovi membri o l'adattamento delle istituzioni dell'Ue". Guardando al medio-lungo periodo Francia e Germania, per riformare le istituzioni europee, propongono innanzitutto una procedura standard: adottare le modifiche proposte secondo la procedura prevista dall'articolo 48, paragrafo 6, opzione predefinita per la modifica del trattato (convocazione di una Convenzione seguita da una Conferenza intergovernativa). Questo sarebbe il seguito logico della Conferenza sul futuro dell'Europa. Potrebbe rafforzare la legittimità della revisione del trattato, soprattutto se comprendesse i rappresentanti dei Paesi candidati.
Rodolfo Ricci