Carenza di cibo, lavoratori stranieri che se ne vanno, distributori di benzina vuoti, imprese in fermento, pescatori e agricoltori sul piede di guerra. Il tutto sullo sfondo di una pandemia globale che ha messo in ginocchio un sistema sanitario già in crisi. Il primo anno della Brexit per il Regno Unito non è stato facile, per usare un understatement in stile british. Gli editoriali che in questi giorni sui media britannici hanno ripercorso questi 12 mesi di divorzio effettivo da Bruxelles hanno sottolineato tutti, dai più conservatori ai più progressisti, che le cose sono andate in modo diverso da come avevano auspicato il premier Boris Johnson e il leader della campagna Leave, Michael Gove, sostenitori di quel taglio netto che, nella loro visione, avrebbe permesso alla Gran Bretagna di esprimere tutto il suo potenziale, liberarsi dalle catene dell'Unione europea e riappropriarsi della sua economia, dei suoi confini, delle sue leggi. Il primo elemento che balza agli occhi è che la Brexit ha reso la Gran Bretagna più povera.
Ha contribuito alla carenza di manodopera in molti settori, poichè i lavoratori dell'Ue sono tornati a casa, e alla frustrazione di altri cui era stato promesso molto ma non hanno ancora ottenuto nulla. I pescatori, ad esempio, si sentono traditi, gli agricoltori sono delusi e le piccole medie imprese che commerciano con l'Unione europea sono state travolte da una valanga di costi aggiuntivi, scartoffie ed ora anche una stretta sull'import che è entrata in vigore proprio a inizio anno. Le nuove norme impongono alle imprese di notificare alle autorità doganali esattamente cosa viene inviato in Gran Bretagna dall'Ue e da dove. Se la merce arriva con documenti incompleti, può essere sequestrata o rispedita al mittente. Secondo l'Ufficio di statistica, le esportazioni di merci sono diminuite del 14% su base annua nel terzo trimestre del 2021, sia verso Paesi Ue che extra Ue.
L'entità del danno economico della Brexit è stata ben chiarita dall'Office for Budget Responsibility, che ha previsto che l'uscita dall'Ue ridurrà il Pil britannico a lungo termine di circa il 4%, a fronte di un calo di circa l'1,5% causato dalla pandemia di Covid. L'altra grande promessa della campagna per il divorzio da Bruxelles era quella di riprendere il controllo dei propri confini. Ma in un anno di morti tragiche nella Manica quella promessa suona più che mai vuota. I rifugiati che vivono nel nord della Francia hanno affermato che la Brexit ha reso più facile per loro raggiungere il Regno Unito su piccole imbarcazioni. Per molti di coloro che sono scappati da zone di conflitto di raggiungere il Regno Unito è più conveniente adesso che non appartiene all'Unione europea perché non possono essere rispediti in un altro Paese europeo.
C'è poi ancora la questione dell'Irlanda del Nord, ben lontana dall'essere risolta e una delle ragioni che hanno portato il ministro per la Brexit Lord David Frost alle dimissioni poco prima di Natale. Va dato atto a Johnson di aver messo assegno un bel colpo con l'accordo Aukus, il patto anti-Cina con Usa e Australia che ha strappato alla Francia un contratto da 60 miliardi di dollari per la produzione di sottomarini nucleari. Ma è innegabile che questo primo anno ha mostrato che 'Get the Brexit done' è facile, meno è provare che ne sia valsa la pena. Secondo un recente sondaggio pubblicato dal Guardian, il 60% dei britannici pensa che l'uscita dall'Ue sia andata peggio del previsto e anche il 42% di chi ha votato a favore è rimasto deluso.
Rodolfo Ricci