Troppo poco. L’Europa ancora non c’è. I ministri europei dell' Energia hanno raggiunto un accordo politico sulle misure per mitigare gli alti prezzi dell'elettricità: taglio dei consumi, tetto agli extra-ricavi per i produttori di energia elettrica e il contributo di solidarietà dei produttori di combustibili fossili. Lo ha comunicato la presidenza ceca dell'Ue. Risultato? L'unità dell'Europa si infrange sul 'price cap' al prezzo del gas. Il tetto all'intero import, nel documento presentato dalla Commissione Ue, viene considerato una misura troppo radicale e rischiosa, a differenza del 'price cap' al solo gas russo, sul quale Palazzo Berlaymont si è convinto. Ma all'Italia non basta. Al Consiglio straordinario dei ministri dell'Energia Roma non ha cambiato la sua linea, che è stata condivisa con altri 14 Paesi, tra i quali la Francia. Ad irritare il governo c'è stato anche lo scudo da 200 miliardi annunciato da Berlino per calmierare prezzi in Germania. "Non possiamo dividerci a seconda dello spazio nei nostri bilanci nazionali, serve solidarietà", ha avvertito il premier Mario Draghi. E chi probabilmente gli succederà a Palazzo Chigi, Giorgia Meloni, ha ammonito: "Nessuno Stato membro può offrire soluzioni efficaci e a lungo termine da solo in assenza di una strategia comune, neppure quelli che appaiono meno vulnerabili sul piano finanziario.
A risultare non casuale è stato anche il timing dello scudo di Berlino: a 24 ore dal Consiglio Energia e proprio mentre la Commissione si limitava a proporre il 'price cap' al gas russo spiegando che un tetto generalizzato a tutto l'import "comporta rischi significativi legati alla sicurezza di forniture di energia". Osservazione che, in diverse cancellerie, è vista come troppo vicina alle sensibilità di Berlino. Il governo tedesco continua a ribadire il suo 'no al 'price cap' generalizzato al gas. Non per "ragioni ideologiche", ma perché è necessario "garantire la sicurezza degli approvvigionamenti" e con un tetto su tutte le importazioni "c'è un alto rischio che il Gnl vada verso l'Asia o altrove". Lo indicano fonti diplomatiche europee in vista dell'Eurogruppo di lunedì. Il rischio per Berlino, spiegano, è che il caro energia diventi "un problema ancora più grande" tagliando l'Europa fuori dalle forniture. L'unica soluzione accettabile per il governo tedesco, sottolineano ancora le stesse fonti, è quella di negoziare direttamente con i fornitori. Ma il 'price cap' al gas, hanno osservato fonti diplomatiche, sarebbe una misura in principio sulla stessa linea dell'azione Ue contro il Covid.
Lasciando ai singoli Paesi l'onere di calmierare i prezzi si consente invece una differenziazione tra chi ha spazio fiscale e chi no. E la Germania questo spazio ce l'ha. Il pacchetto annunciato da Olaf Scholz varrà 150-200 miliardi. "Il prezzo del gas deve andare giù", ha sottolineato il cancelliere. E la mossa di Berlino ha fatto scendere immediatamente il prezzo del gas, che ad Amsterdam ha chiuso al del 9,4% a 187,7 euro a megawattora. Con un 'price cap' nazionale, ovvero sul modello lusitano ed iberico, la Germania ha spazzato via il suo timore più grande, legato invece ad un tetto su scala Ue: quello dell'approvvigionamento energetico. La Commissione, nel suo documento informale, ha indicato anche altri rischi legati ad un tetto generalizzato: dall'aumento della domanda alla perdita attrattività per i fornitori, fino alla mancanza di quell'incentivo di mercato che ora permette il trasferimento di gas tra gli Stati Ue. Per Bruxelles è molto meglio negoziare il prezzo con i singoli fornitori ritenuti affidabili, facendo leva su contratti a lungo termine. Nel non paper la Commissione ha anche proposto un primo decoupling del prezzo del gas da quello elettrico in vista della riforma del mercato annunciata per la fine dell'anno.
Il documento, infatti, fa riferimento alla fissazione di un tetto massimo al prezzo del gas nella produzione di energia elettrica a un livello che contribuisca a far scendere i prezzi dell'elettricità. Il differenziale di costo tra il prezzo amministrato e i prezzi di mercato sarebbe a carico degli Stati, che potrebbero comunque contare sui ricavi della tassa sugli extraprofitti alle compagnie che producono energia non fossile. Per l'Italia, il cui prezzo dell'elettricità ha una forte dipendenza da quello del gas, il differenziale sarebbe molto alto. E quindi anche gli oneri. Meglio, per Roma, indicare un indice di mercato complementare al Ttf di Amsterdam, proposta che la Commissione ha incluso nel documento. Da qui al vertice dei leader a Praga e quindi al Consiglio europeo di fine ottobre a Bruxelles, la strada per l'unità europea sarà quindi terribilmente in salita. I 15, Italia e Francia in testa, si faranno sentire con l'obiettivo di aumentare il loro peso numerico, convincendo magari qualche Paese dell'Est anche lui intimorito dal rischio approvvigionamento. Germania e Olanda restano i veri scogli.
Rodolfo Ricci