Luce fioca in fondo al tunnel. L’analisi dell’Istituto sindacale europeo (Etui) nelle 15 pagine del Benchmarking Working Europe 2016 dedicate a salari e contrattazione collettiva, lascia “pochi motivi di ottimismo”. Dopo anni in cui i salari reali marciavano molto in affanno, il 2015 ha evidenziato nella maggioranza degli Stati membri che gli stipendi sono cresciuti con tassi leggermente più alti rispetto alla produttività. Il che, combinato con una sempre più forte consapevolezza dei sindacati e dei loro iscritti sulla necessità fondamentale di un cambiamento di approccio delle politiche europee e nazionali su salari, contrattazione collettiva e diritti dei lavoratori, potrebbe aprire qualche “falla” nel fortino neo liberista e magari spingere la Commissione a orientare diversamente le proprie posizioni. In realtà, osservano gli analisti dell’Etui, non è così. Primo, perché l’incremento dei salari registrato è stato facilitato dal contesto deflazionistico che ha condizionato l’Ue, con inflazione zero o addirittura a tassi negativi in alcuni Paesi. E ciò sta semplicemente a significare, si fa notare, “che si è ancora molto lontani dalla ricerca di una più espansiva politica dei salari che dovrebbe non solo seguire la crescita combinata di inflazione e produttività, ma anche includere una componente redistributiva per aumentare la quota di salario e stimolare la domanda aggregata”. Seconda ragione per non essere troppo ottimisti, dice l’Etui, è che il contesto politico, a livello Ue e nazionale è tutt’altro che favorevole a un cambiamento di politiche salariali più specificatamente orientate verso il lato della domanda. Non fosse altro perché, ricorda l’analisi del sindacato europeo, con le raccomandazioni specifiche per Paese, la Commissione sta dimostrando di voler continuare con la strategia delle riforme strutturali di stampo neo liberale e con la svalutazione interna. E in questo senso è “scoraggiante” il più volte citato documento dei 5 Presidenti sul rafforzamento dell’Ue, seppur in qualche modo annacquato dalle ultime raccomandazioni della Commissione, che prevede un sistema di autorità nazionali per la competitività con l’obiettivo esplicito di valutare se i salari si evolvono in linea con la produttività e di esprimere opinioni che dovranno essere considerate come linee guida nella contrattazione collettiva: uno schiaffo all’autonomia sindacale con l’ormai chiarissimo obiettivo di avviare una sempre più forte ingerenza Ue nelle relazioni industriali allo scopo di promuovere politiche di svalutazione interna.
(Articolo completo di Pierpaolo Arzilla domani su Conquiste Tabloid)