Le sirene dei maxi-sussidi pubblici dell'amministrazione di Joe Biden iniziano ad ammagliare i colossi dell'industria Ue. E, davanti al rischio che la prima a correre lontano, fino in Carolina del Sud, sia la punta di diamante tedesca Volkswagen, Bruxelles si gioca la sua prima carta per farla restare, la più cara al governo di Olaf Scholz: un nuovo quadro di crisi sugli aiuti di Stato. Che almeno fino al 2025 concederà ai governi dei Ventisette la flessibilità necessaria ad aprire i rubinetti dei finanziamenti pubblici per spingere la transizione verde industriale. Nuove regole "temporanee, proporzionate e mirate" per tutelare l'equità del mercato unico, è l'adagio ripetuto da Palazzo Berlaymont e dalla sua responsabile della Concorrenza, Margrethe Vestager, che tuttavia rassicura soltanto il duo di testa Berlino-Parigi dai cordoni della borsa larghi. Per tutti gli altri la corsa ai sussidi rischia di essere impari e di mettere a repentaglio l'unità politica ed economica del Continente.
Proposto già all'inizio di febbraio, il nuovo impianto normativo targato Ursula von der Leyen allarga la portata d'azione dei quadri emergenziali già messi in campo da Bruxelles tra il 2020 e il 2022 per rispondere all'impatto del Covid prima, e alle conseguenze della guerra in Ucraina poi. A beneficiare di iniezioni di liquidità, sgravi o incentivi e di obblighi più morbidi saranno tutti i settori chiave per la transizione verso un'economia a zero emissioni: batterie, pannelli solari, turbine eoliche, pompe di calore, e materie prime critiche su tutti. Categorie già coperte oltreoceano dall'Inflation Reduction Act (Ira), e per le quali Bruxelles prevede che gli aiuti di Stato possano avere forza eguale e speculare, andando a raggiungere le stesse cifre stanziate da Washington.
Una risposta netta ed inedita sul campo del mercato unico europeo per scacciare lo spauracchio delle delocalizzazioni già brandito da Volkswagen, che negli ultimi giorni ha messo in stand-by un impianto di batterie pianificato nell'Est Europa per concentrarsi su uno stabilimento in Nord America dal quale uscirebbe la prossima generazione di pick-up e suv elettrici. E accaparrarsi così gli incentivi green di Biden, che potrebbero toccare i 10 miliardi di dollari. Un tentativo di fuga che la casa di Wolfsburg ha fatto sapere di non avere ancora intrapreso, assicurando di volersi attenere al "piano di costruire fabbriche di celle per circa 240 GWh in Europa entro il 2030".
Ma che, nell'avvertimento del ministro delle Imprese e del made in Italy, Adolfo Urso, potrebbe ispirare in un futuro prossimo anche altri colossi continentali, se l'Ue non reagirà già "oggi" con "altrettanta assertività e tempistica di quanto hanno fatto gli Stati Uniti". Un'assertività fatta di condizioni competitive che anche Volkswagen invoca e che von der Leyen ha cercato di mostrare nel suo faccia a faccia con Biden a Washington. Prima di spuntare, tra martedì 14 e giovedì 16, le altre due armi del piano industriale Net-Zero, di cui gli aiuti di Stato green sono un'appendice, e del nuovo Critical Raw Materials Act sulle terre rare. Nell'auspicio di far restare la casa guidata da Oliver Blume ben salda a Wolfsburg, e di rilanciare l'industria europea per renderla "il più attrattiva e competitiva possibile". Tutti sono convinti che il nemico oggi sia solo la Russia. Ma presto, potrebbe esserlo la Cina. La stretta di mano tra Joe Biden e Ursula von der Leyen, a Washington, ha avuto innanzitutto questo titolo.
La missione della presidente della Commissione Ue oltreoceano è destinata, infatti, a dare una forte impronta all'ultimo anno del suo mandato e si lega a doppio filo con il piano Net-Zero che sarà approvato martedì e con cui Bruxelles vuole rendere l'Ue leader delle tecnologie rinnovabili. L'impatto negativo dell'Inflaction Reduction Act e le possibile concessioni che gli Usa possono fare all'alleato europeo sono solo uno dei temi sul tavolo. E forse neppure il principale rispetto all'obiettivo di fondo della rinnovata alleanza transatlantica: contrastare l'egemonia commerciale e tecnologica di Pechino. La numero uno dell'esecutivo europeo ha preparato nei minimi dettagli la sua visita negli Usa. Non è un caso, ad esempio, che l'Ue abbia dato via libera al nuovo regime di aiuti di Stato per il green tech, mettendo in campo una piccola rivoluzione: le nuove norme, da qui alla fine del 2025, permetteranno un'iniezione di fondi pubblici (a seconda del margine fiscale che ciascun Paese ha a disposizione) proprio sulla scia di quanto deciso dall'amministrazione Biden con l'Ira.
Rodolfo Ricci