"Ci stiamo lavorando, penso che nei prossimi giorni non sia impossibile raggiungere ulteriori accordi". Questa la previsione del commissario Ue agli Affari economici, Paolo Gentiloni, riferendosi alla possibilità di un nuovo pacchetto di sanzioni alla Russia. E la presidente della Bce, Christine Lagarde, da Davos parla di potere negiziale dell’Europa nell’acquisto dei prodotti energetici: "Siamo il mercato più grande, possiamo anche essere il compratore più grande. Una politica degli acquisti messi in comune su prodotti come gas, petrolio, minerali, sarebbe un'azione concertata formidabile, è arrivato il momento di un'azione concertata sugli acquisti". Ma la marcia dell'Europa sulla via delle sanzioni anti-russe rischia di fermarsi a un passo dall'embargo al petrolio. Il sesto pacchetto di sanzioni elaborato dalla Commissione, a meno di colpi di scena, non sarà sul tavolo del vertice europeo straordinario del 30 e 31 maggio. Viktor Orban ha puntato i piedi e non è solo perché anche Paesi come la Slovacchia o la Repubblica Ceca, senza sbocco sul mare, hanno mosso più di una perplessità di fronte al rapido embargo al petrolio. Il nodo è politico ma è anche, e forse soprattutto, tecnico.
"Non mi aspetto un'intesa al summit europeo, è inutile dare false aspettative", è stata la resa della presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen. Poco prima, in una lettera inviata al presidente del Consiglio Ue Charles Michel, il premier ungherese aveva escluso dal tavolo del summit il tema dell'embargo senza che prima non venga chiarito quanti investimenti Bruxelles proporrà a Budapest per fare a meno del petrolio russo. A caldo, il vice presidente della Commissione Valdis Dombrovskis aveva replicato che "non si può indugiare" sulle sanzioni. Ma, nelle bozze delle conclusioni del vertice il punto non viene neanche citato. Certo, è difficile che i 27 leader europei non ne parlino: il dossier energetico, legato inesorabilmente a quello ucraino, potrebbe essere affrontato lunedì sera e più di una fonte diplomatica europea già prevede una lunga notte di discussione. Al di là del braccio di ferro politico tra Orban e Bruxelles ci sono due ordini di problemi tecnici per l'Ungheria: l'aggiornamento delle raffinerie ad un greggio che non sia quello russo e ingenti investimenti sui gasdotti, oggi tutti direzionati verso Est.
Il pacchetto da quasi trecento miliardi del RePowerEu potrebbe essere d'aiuto ma la ripartizione dei fondi è ancora tutta da decifrare. Il tackle di Orban potrebbe scatenare la reazioni di chi, come la Polonia, fino a qualche settimana fa puntava all'embargo 'hic et nunc' del petrolio. Il rischio scontro, al summit della prossima settimana, è dietro l'angolo. E anche per questo von der Leyen, parlando dal forum di Davos, ha voluto escludere il dossier dal tavolo: per preservare quell'unità europea sbandierata dal primo giorno di guerra. Un'unità che, forse, potrebbe più agevolmente trovare nel complesso schema di aiuti all'Ucraina. La proposta di un pacchetto di aiuti macrofinanziari da 9 miliardi annunciato dalla Commissione potrebbe essere formalizzata a inizio di giugno. Ci vorrà invece più tempo per pianificare i finanziamenti per la ricostruzione dell'Ucraina.
Rodolfo Ricci