Venerdì 22 novembre 2024, ore 20:18

Guerra 

Ue: metà delle aziende europee ha già aperto un conto in rubli 

La corsa dell'Ue all'indipendenza dall'energia russa è ufficialmente partita ma, nel frattempo, le aziende europee si sono affrettate ad aprire conti in rubli come indicato da Mosca. Il day after del lancio del maxi-piano RePowerEu non ha diradato la coltre di dubbi che continua ad aleggiare sul dossier energetico. "Circa la metà" delle 54 società straniere che hanno contratti con Gazprom per l'acquisto di gas russo hanno aperto conti bancari in rubli", ha annunciato il Cremlino, confermando quanto a Bruxelles e nelle cancellerie europee era ormai noto. Ma la Commissione Ue non cambia posizione: "L'apertura di un conto in rubli viola le sanzioni. Le linee guida prevedono il pagamento in euro o dollari e una dichiarazione per affermare di aver rispettato in tal modo i contratti". Eppure, al di là delle apparenze, non è in atto un braccio di ferro vero e proprio tra esecutivo Ue e aziende, Eni inclusa.

Chi ha aperto il conto in rubli non ha l'obbligo di comunicarlo alla Commissione ma solo al suo governo. Ed è lo Stato membro- ripete Bruxelles - a dover vigilare sull'attuazione delle sanzioni. La Commissione, quindi, non può intervenire. Può, semmai, aprire una procedura di infrazione nei confronti del Paese che non ha vigilato. Nel frattempo ognuno va per la sua strada, fermo restando che tante aziende (come Eni), pur avendo aperto il conto in rubli, hanno dichiarato che pagheranno il gas russo comunque in euro o dollari. E forse non a caso l'Ue da qualche giorno sembra più concentrata sul RepowerEu, il piano da quasi 300 miliardi per dire stop al gas russo attraverso fonti alternative, rinnovabili, e risparmio energetico. Un passo avanti formale è arrivato con l'accordo tra Consiglio Ue e Eurocamera per gli stock comuni di gas in vista del prossimo inverno. L'obiettivo è aumentare le riserve all'80% e il regolamento - che dovrà ora avere l'ultimo via libera dagli ambasciatori dei 27 - prevede anche un meccanismo di solidarietà: in caso di carestia energetica un Paese membro potrà contare sul sostegno di chi non è in emergenza. La commissaria Ue all'Energia Kadri Simson ha spiegato che, rispetto all'aprile scorso, la dipendenza europea dal gas di Mosca è passata dal 40 al 26%. L'obiettivo del RepowerEu è azzerarla entro il 2027, e a tal fine Bruxelles ha riaperto anche il capitolo fondi del Recovery, aggiungendo 20 miliardi presi dai ricavi del sistema Ets. La ripartizione dei 27, secondo la Commissione, dovrebbe avvenire secondo i criteri del Next Generation Eu. All'Italia, quindi spetterebbe la fetta più grande. Ma il condizionale è d'obbligo perché, spiegano fonti europee, è probabile che più di uno Stato membro contesti il criterio, essendo l'emergenza energetica ben diversa da quella Covid. Il RepowerEu ha offuscato solo apparentemente l'impasse sul sesto pacchetto di sanzioni e sull'embargo al petrolio russo. Viktor Orban, salvo colpi di scena, porterà le sue ragioni sul tavolo del vertice europeo del 30 e 31 maggio.

La Commissione Ue non ha mai escluso di andare incontro (anche in termini di fondi) alle sue esigenze ma c'è chi, come la Polonia, non vuole esenzioni per il gruppo Visegrad. Varsavia ha proposto di vietare la vendita in un altro paese dell'Ue o in Paesi terzi di prodotti risultanti dalla lavorazione di merci importate in deroga alle sanzioni. Sarà il summit dei leader a dire se, sul petrolio, l'Ue riuscirà a mostrarsi unita.

Poi c’è un dato di fondo: se l'esercito russo riuscisse ad avanzare in Ucraina come fa il rublo sui mercati valutari Mosca avrebbe già vinto la guerra. Nel corso del 2022 la moneta russa è stata la migliore tra le 31 valute principali monitorate da Bloomberg. Se ad inizio anno servivano 75 rubli per un dollaro adesso ne bastano 62, il 17% in meno, con la valuta russa ai minimi sul biglietto verde da due anni e mezzo. Discorso diverso per l'euro che invece dopo lo scoppio del conflitto è sceso ai minimi dal 2017 sul dollaro, dalla cui parità sta cercando di allontanarsi dopo aver toccato quota 1,038 lo scorso 12 maggio (era a 1,13 a fine 2021). Diversi i fattori dietro questo andamento divergente. Ma il conflitto e i suoi effetti sui mercati, sull'inflazione e sulle banche centrali stanno giocando un ruolo determinante. All'origine della forza del rublo ci sono anzitutto le difese schierate da Mosca a protezione della propria valuta, inabissatasi fino a quota 140 dopo l'avvio dell' 'operazione speciale': raddoppio dei tassi al 20% (ora sono ridiscesi al 14%), obbligo per le aziende esportatrici di convertire l'80% della valuta estera in rubli e introduzione di una serie di controlli sui capitali. A cui si aggiunge la pressione per costringere le aziende europee a pagare il gas in rubli. "L'apprezzamento dipende sì dai controlli sui capitali ma anche dal fatto che sul mercato c'è domanda di rubli per esigenze di pagamenti", ha spiegato Roberto Mialich, FX Strategist di UniCredit.

Rodolfo Ricci

( 20 maggio 2022 )

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