L’ultimo report è riferito al 2019 perchè negli anni della pandemia ogni raffronto non avrebbe significato statistico. In ogni caso l'Italia si conferma prima in Ue per l'evasione Iva in valore nominale, con perdite per lo Stato di 30,1 miliardi di euro, mentre è quinta per il maggior divario tra gettito previsto e riscosso con il 21,3%, dietro solo a Romania (34,9%), Grecia (25,8%), Malta (23,5%) e Lituania (21,4%).
È quanto emerge dal rapporto sull'Iva della Commissione Ue che sottolinea come l'Unione abbia perso 134 miliardi nel 2019, in miglioramento rispetto al 2018 ma con l'incognita della portata della pandemia di Covid-19 sulle entrate Iva per il 2020. Rispetto al 2018, nel 2019 l'Italia ha tuttavia fatto segnare un miglioramento: il gap tra gettito previsto e introiti effettivi si è ridotto dal 24,5% al 21,3%, mentre il danno economico è passato da 35,4 miliardi a 30,1 miliardi. Una cifra che, in termini assoluti, fa comunque restare il nostro Paese maglia nera in Europa per evasioni e frodi, seguito a distanza dalla Germania con perdite per 23,4 miliardi di euro (ma un gap dell'8,8%). La tendenza in calo progressivo prosegue anche in Europa: nel 2019 le perdite sono diminuite di quasi 6,6 miliardi di euro a 134 miliardi di euro, "un netto miglioramento rispetto alla diminuzione di 4,6 miliardi di euro dell'anno precedente", evidenzia Bruxelles, avvertendo però che "sebbene il divario" tra gettito previsto e introiti effettivi "complessivo sia migliorato tra il 2015 e il 2019, l'intera portata della pandemia di Covid-19 sulla domanda dei consumatori e quindi sulle entrate Iva nel 2020 rimane sconosciuta".
"Nonostante il trend positivo registrato negli ultimi anni, il divario dell'Iva rimane una delle principali preoccupazioni, soprattutto in considerazione delle immense esigenze di investimento che i nostri Stati membri dovranno affrontare nei prossimi anni", ha ammonito il commissario Ue per l'Economia, Paolo Gentiloni, sottolineando che le cifre di quest'anno corrispondono a una perdita di oltre 4.000 euro al secondo. "Queste sono perdite inaccettabili per i bilanci nazionali e significano che la gente comune e le imprese sono lasciate a raccogliere il deficit attraverso altre tasse per pagare i servizi pubblici vitali. Dobbiamo fare uno sforzo congiunto per dare un giro di vite sulle frodi sull'Iva, un reato grave che sottrae denaro alle tasche dei consumatori, mina i nostri sistemi di welfare e impoverisce le casse pubbliche". Poi c’è la questione del Patto di stabilità.
"È chiaro che sono necessari dei cambiamenti alle regole di bilancio europee. E il compromesso con i Paesi del rigore è possibile. Paolo Gentiloni, che ha in mano il dossier, è ottimista, mentre spiragli arrivano - a elezioni concluse - proprio dal futuro ministro delle Finanze tedesco Christian Lindner, fino a poche settimane fa indicato come l'ostacolo più grande, nella 'coalizione semaforo' che si appresta a governare la Germania con Olaf Scholz cancelliere, a una riforma delle regole. La Germania ha una responsabilità per l'Europa, e nel contratto della coalizione è scritto che l'Europa va tenuta insieme, è il ragionamento del presidente dei liberali. Lindner, che durante la campagna elettorale aveva definito il Patto di stabilità già sufficientemente flessibile, sul tema si starebbe insomma allineando allo spirito della coalizione guidata dai socialdemocratici di Scholz. Come potrebbe declinarsi una riforma di quelle regole, vista con gli occhi di Berlino, non è ancora chiaro.
Ma qualche segnale arriva da Klaus Regling, direttore generale del Meccanismo europeo di stabilità e vecchia volpe della politica tedesca: non tanto lo scorporo degli investimenti 'green' ma qualcosa di più incisivo: "Un limite di deficit del 3%, un obiettivo di debito più alto e una regola che combini la spesa con il saldo primario". Assieme a "una maggiore condivisione dei rischi" tramite i mercati, espressione che fa pensare a rendere permanenti gli eurobond nati con il Recovery.
Rodolfo Ricci