Tutte le favole finiscono, ma non sempre tutti, alla fine, vivranno felici e contenti. E’ il caso, ad esempio, dei circa 33mila dipendenti del olosso dei giocattoli a stelle e strisce Toys R Us, che oggi ha annunciato la chiusura di tutti i suoi 735 negozi negli Stati Uniti. L’azienda aveva fatto ricorso alla procedura di bancarotta del chapter 11 nel settembre scorso ma il piano di rilancio non ha prodotto i risultati attesi. "Sono molto dispiaciuto - ha commentato il ceo Dave Brandon - ma non abbiamo più il supporto finanziario per continuare le operazioni negli Stati Uniti. Stiamo implementando un processo ordinato di chiusura delle operazioni negli Stati Uniti e di riorganizzazione e vendita di alcuni business all'estero".
La possibile vendita riguarda le attività in Canada e in Asia e Europa, in particolare Germania, Austria e Svizzera. Le sussidiarie in Australia, Francia, Polonia, Portogallo e Spagna stanno valutando diverse opzioni.
Questi progetti, indipendentemente dalla loro forma, dovrebbero avere importanti conseguenze sociali. I dipendenti statunitensi, che rappresentano oltre la metà dei 65.000 dipendenti del gruppo, manterranno il loro posto di lavoro per 60 giorni. Il resto è incerto.
Quella di Toys R è una delle più gravi liquidazioni negli Stati Uniti da quando The Sport Authority ha fatto bancarotta nel 2016, chiudendo più di 460 negozi e licenziando 14.500 lavoratori.
L’azienda era nata a Washington, da un piccolo negozio aperto nel 1948, agli albori del baby boom. Poi si era rapidamente sviluppata e ancora oggi ha un quinto della quota di mercato Usa. Purtroppo non ha retto alla concorrenza delle vendite online e ed è rimasta schiacciata da debiti per cinque miliardi di dollari, perdite e crolli delle vendite.
In una lettera aperta ai propri dipendenti, Brandon ha indicato che la chiusura dei negozi negli Stati Uniti avverrà entro metà aprile.
(Approfondimento domani su Conquiste Tabloid)