Primo via libera alla direttiva Ue per il salario minimo. Lo ha annunciato la Commissione per l'occupazione e gli affari sociali del Parlamento europeo (Empl) sul suo account Twitter. "Nei nostri orientamenti politici abbiamo promesso una legge per garantire salari minimi equi nell'Ue. Con l'accordo politico sulla nostra proposta su salari minimi adeguati, portiamo a termine il nostro compito. Le nuove regole tuteleranno la dignità del lavoro e faranno in modo che il lavoro paghi", ha scritto la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, accogliendo l'accordo politico raggiunto nella mattinata sul salario minimo.
"Una tappa importante per l'Europa sociale", ha commentato amche la presidenza di turno francese dell'Ue l'intesa tra Consiglio, Parlamento e Commissione Ue. "Nel pieno rispetto delle diversità nazionali - si legge in un tweet - il provvedimento favorirà dei salari minimi adeguati nell'Ue e lo sviluppo della contrattazione collettiva". L'intesa dovrà ora essere approvata in via definitiva sia dal Parlamento che dal Consiglio Ue. C’è un punto fermo: "Non imporremo un salario minimo all'Italia, non è questo il punto", ha tenuto a sottolineare il commissario Ue al Lavoro, Nicolas Schmit, in conferenza stampa. "Sono molto fiducioso che alla fine il governo italiano e le parti sociali raggiungeranno un buon accordo per rafforzare la contrattazione collettiva, soprattutto per coloro che non sono ben tutelati, e alla fine arriveranno alla conclusione che potrebbe essere importante introdurre il sistema salariale minimo in Italia. Ma spetta al governo italiano e alle parti sociali farlo", ha ribadito. Ma a Bruxelles sono certi che l'impatto della direttiva non sarà "negativo per la creazione dei posti di lavoro e per l'occupazione", come ha già avvertito Nicolas Schmit, ricordando che dopo l'introduzione in Germania l'occupazione è anzi aumentata e che nell'Ue non saranno comunque previsti massimi e minimi salariali. La direttiva punterà invece, secondo quanto già chiarito, a istituire un quadro per fissare salari minimi 'adeguati ed equi'.
L'Italia è tra i sei Paesi dell'Ue a non avere già una regolamentazione in materia, con un dibattito del tutto aperto tra le parti sociali e all'interno del governo stesso. L'idea delle tre istituzioni europee nell'accordo in via di approvazione è di rispettare le diverse tradizioni di welfare dei Ventisette, arrivando però a garantire "un tenore di vita dignitoso", a ridurre le disuguaglianze e a mettere un freno ai contratti precari e pirata. Si mira poi a "rafforzare il ruolo delle parti sociali e della contrattazione collettiva". La copertura della contrattazione collettiva in particolare dovrebbe venir fissata in una soglia compresa tra il 70% e l'80%, stando ai due obiettivi fissati rispettivamente da Commissione e Parlamento europeo e all'interno dei quali dovrebbe essere trovato un compromesso.
Oltre all'Italia il salario minimo non è stato istituito anche in Austria, Cipro, Danimarca, Finlandia, Svezia. Dove invece è già previsto, stando agli ultimi dati Eurostat, viaggia tra i 332 euro mensili della Bulgaria e i 2.257 euro del Lussemburgo. In Germania è pari a 1.621 euro. Le definizioni di salario 'adeguato' e 'minimo' sono altri punti su cui si devono confrontare i negoziatori europei. Anche se il testo sarebbe ormai blindato da un accordo di massima raggiunto tra Francia e Germania e resterebbero da definire solo dettagli tecnici. La nuova direttiva europea potrebbe così essere approvata definitivamente entro giugno facendo scattare da quel momento la tagliola dei due anni per il recepimento negli ordinamenti nazionali. Il provvedimento europeo, ha osservato Orlando "spingerà di più verso interventi che salvaguardino i livelli di salario più bassi e verso una disciplina organica".
Rodolfo Ricci