Nella trattativa sulla riforma del Patto di stabilità si converge su una regola per il taglio annuo del debito dell'1% del Pil per i Paesi più indebitati. È il valore più basso nella forchetta sul tavolo del negoziato degli ultimi giorni (tra l'1 e l'1,5%), ma è pur sempre il valore chiesto da subito in partita da Berlino: Il falco da sempre alla ricerca di un chiaro totem numerico da portare a casa a fine riforma. E ancora non basta, perché per i Paesi frugali è nella regola sul taglio del deficit che si sta trovando il 'diavolo nei dettagli': se considerare cioè l'aggiustamento automatico da fare per almeno lo 0,5% del Pil fino a quando il disavanzo non rientra sotto la soglia del 3% del Pil includendo o no anche la spesa per gli interessi. Oggi gli interessi non ci sono e ai falchi non piace affatto. Intanto procede il negoziato tra i relatori al Parlamento europeo, per mettere a punto la posizione dell'Eurocamera.
Da quanto trapela le salvaguardie sul deficit sono escluse, anche la regola dello 0,5% prevista dalla proposta della Commissione. Anche sul calo del debito l'ipotesi al negoziato al Pe è di tempi ben più lunghi (a 14-17 anni dopo l'inizio dei piani di spesa, come da proposta originale della Commissione). Il voto in Commissione Econ è slittato dal 4 all'11 dicembre, e sembra sempre più improbabile arrivi in plenaria già a dicembre. Tornando al Consiglio, l'umore generale, da quanto filtra, è che un accordo politico all'Ecofin straordinario del 7 dicembre sia possibile, ma non ancora scontato. Ancor più complicato un via libera sulla posizione negoziale già la prossima settimana. A breve comunque potrebbe venir aggiornato il testo legislativo dalla presidenza spagnola rispetto alla parte più delicata della riforma, quella relativa al braccio preventivo del Patto e all'inizio della prossima settimana ci sarà un nuovo giro di preparazione dell'Ecofin ai massimi livelli dei 27. Una corsa contro il tempo: a fine anno scade la sospensione del vecchio Patto di stabilità e una volta approvate le posizioni negoziali di Consiglio e Parlamento il negoziato inter istituzionale andrà completato entro l'ultima plenaria al Pe, prima delle europee.
Al momento l'orientamento sulla riforma è che i piani di spesa di 4 anni (estendibili a 7 anni) che saranno presentati dagli Stati Ue dovranno portare comunque a questa riduzione media annua del debito già dal primo anno dopo l'aggiustamento per chi è in extra deficit. In partita è tornata poi la divisione tra i Paesi fortemente indebitati, come l'Italia, a cui si chiede un taglio dell'1% e quelli con un debito oltre il tetto del 60% ma al di sotto del 90%, a cui verrebbe chiesto un taglio medio annuo dello 0,5%. L'obiettivo di salvaguardia sul deficit, l'orizzonte a cui puntare una volta completato l'aggiustamento sul deficit (al di sotto del 3%) e posto il debito in un percorso plausibilmente discendente, è indicato all'1,5% del Pil (a metà della forchetta in trattativa all'1-2%. Si ipotizza poi una forchetta tra lo 0,5% e lo 0,75% annuo cumulato per la soglia di scostamento che sarà tollerata per i piani di spesa a 4 anni, che saranno concordati dagli Stati e potranno venir estesi a 7 anni. Il criterio è quello del 'conto di controllò introdotto dalla riforma, nel quale si segnerà di anno in anno di quanto la spesa netta effettiva realizzata da un Paese sia superiore o inferiore al previsto. L'idea è che il saldo annuale tra crediti e debiti così registrati dal conto di controllo di un Paese non debba superare la quota appunto tra lo 0,5% e lo 0,75% del Pil, nel qual caso scatterebbe una procedura.
Però non è ancora tutto così chiaro. La riforma del Patto di stabilità "deve essere efficiente, applicabile e più semplice, da capire e da applicare. Sono più scettica sull'aspetto della semplicità di quanto viene negoziato al momento, non che richieda un neurochirurgo per poter capire come si applica ma richiederebbe sicuramente una conoscenza approfondita di tutti i criteri, i parametri e le varie alternative applicabili", ha ammesso la presidente della Bce Christine Lagarde alla Commissione Econ del Pe rinnovando l'invito ad arrivare il più rapidamente possibile a delle conclusioni: "Ci aiuterebbe ad eliminare l'incertezza e la vaghezza dei parametri in cui attualmente gli stati di bilancio decidono i bilancio". La Bce è convinta che le proprie azioni stiano contribuendo alla riduzione dell'inflazione e "che dobbiamo mantenere questi tassi per un periodo di tempo sufficiente affinché ci portino all'obiettivo del 2% e noi non ci siamo ancora, l'inflazione resta troppo alta ed è così" da troppo tempo.
"Dobbiamo mantenere questi tassi di interesse. Pensiamo che se manteniamo questi tassi abbastanza a lungo ciò contribuirà a riportarci al livello obiettivo del 2% nel medio termine ed è ciò che faremo". Tre gli aspetti tenuti in considerazione: previsioni di inflazione, inflazione di fondo e la velocità con cui la nostra politica monetaria viene trasmessa all'economia reale e al finanziamento dell'economia reale.
Rodolfo Ricci