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Pubblico impiego, 9 anni di austerità possono bastare

di Pierpaolo Arzilla

Nove anni di austerità posson bastare. Soprattutto per il servizio pubblico degli Stati membri più colpiti dalla crisi: Portogallo, Spagna, Grecia, Irlanda ma anche Gran Bretagna, Francia e Italia. In totale sono 19 i Paesi Ue, per un totale di almeno 20 milioni di lavoratori, che hanno dovuto subire il taglio o congelamento dei salari nei primi anni del rischio default. In Italia e Gran Bretagna i lavoratori pubblici hanno subito una perdita media del loro potere d’acquisto di 4mila euro su base annuale; in Grecia, il potere d’acquisto in termini reali è sceso del 40 per cento, in Spagna e Portogallo rispettivamente del 15 e 9 per cento. E’ la dimostrazione che il lavoro pubblico continua a pagare il prezzo della crisi, mentre i banchieri, i veri responsabili del disastro, registrano un ritorno dei profitti e di bonus molto generosi, osserva il segretario generale del sindacato europeo dei servizi pubblici (Epsu), Jan Willew Goudriaan. Epsu ed Etuce (comitato sindacale europeo dell’istruzione) hanno fatto il punto della situazione in un dossier di 10 pagine sugli effetti delle politiche di austerità sul portafoglio e la qualità di vita e del lavoro degli impiegati statali. In Grecia, per esempio, il numero dei lavoratori pubblici è sceso di quasi 48mila unità in 8 anni (-12,6 per cento), di cui 13600 nella sanità (-6,8). Il reddito annuale degli insegnanti è passato da 25mila euro del 2010 a 17.592 euro nel 2014, con il numero di lavoratori nel settore dell’istruzione che è passato da 193.635 nel 2007 a 175.868 nel 2014. In Portogallo, oltre al taglio delle tredicesime e quattordicesima (come in Grecia, del resto) si è passato da 35 a 40 ore di lavoro settimanali senza adeguamento di stipendio.

(Articolo completo domani su Conquiste Tabloid)

( 27 giugno 2017 )

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