Nelle prossime ore arriverà un primo stop ai flussi di gas verso l'Ue ma a deciderlo non è stato Gazprom bensì l'invasione stessa della Russia in Ucraina. Il gestore del sistema di trasporto del gas di Kiev (Grid) ha infatti annunciato che, a causa dell'occupazione delle forze russe, il transito attraverso il punto di ingresso di Sokhranivka si fermerà. Nulla di irreparabile, visto che, se Mosca lo vorrà, i flussi potranno essere reindirizzati alla stazione di compressione di Sudzha, in Russia. Ma la notizia, oltre a far chiudere al rialzo in Borsa il prezzo del gas, rischia di appesantire ulteriormente il dibattito sul sesto pacchetto di sanzioni. Infatti, non ci sono stati colpi di scena nella riunione degli ambasciatori dei 27 per approvare l'embargo al petrolio di Putin.
La videocall annunciata da Ursula von der Leyen con i leader dei Paesi orientali dell'Ue, Viktor Orban su tutti, non può avere luogo perché gli sherpa non hanno trovato ancora un'intesa. Un colloquio telefonico tra il presidente francese Emmanuel Macron e il premier ungherese è servito a chiarire ulteriormente i punti critici: Budapest, in sostanza, chiede compensazioni ad hoc in cambio del suo sì alla rinuncia, sia pur graduale, al petrolio russo. L'Ue ritiene le preoccupazioni ungheresi "legittime", anche perché il Paese non può ricevere il greggio via mare e le raffinerie magiare sono tutte tarate sul petrolio russo. In pratica, l'Ungheria darà via libera ad un embargo dell'Ue al petrolio russo solo se la sanzione escluderà il greggio inviato da Mosca attraverso gli oleodotti. A dirlo, in un video su facebook, è il ministro degli Esteri ungherese Peter Szijjarto, che ha rilanciato così il 'no' di Budapest al pacchetto si misure così come concepito dalla Commissione nei giorni scorsi.
"Se Bruxelles vuole essere seria sull'embargo al petrolio, questo sarà possibile solo escludendo la parte destinata agli oleodotti", ha sottolineato il ministro ungherese. Due le ipotesi in campo: la prima prevede che i Paesi Ue condividano, temporaneamente, parte del loro greggio con Budapest; la seconda l'erogazione di fondi ad hoc per Budapest nell'ambito del piano RePowerEu che sarà presentato il 18 maggio. Ma c'è un altro tema che, nei prossimi giorni, potrebbe dividere l'Europa ed è quello del fondo solidarietà per l'Ucraina. Bruxelles valuta un versamento da 15 miliardi focalizzato sulla ricostruzione e finanziato con debito comune. Si tratterebbe, di fatto, di una sorta di Next Generation per Kiev. "Tutte le opzioni sono sul tavolo", ha spiegato il commissario Ue per l'Allargamento, Oliver Varhelyi. Ma c'è chi, come Germania e Austria, chiede maggior prudenza e invita ad esplorare strade alternative. A dividere ulteriormente l'Ue potrebbe essere la natura dei finanziamenti: saranno tutti prestiti o anche sovvenzioni? Ed è sulla seconda opzione che lo scontro è dietro l'angolo.
Rodolfo Ricci