L'inflazione è diminuita notevolmente e la decisione della Bce di fermare gli aumenti dei tassi è completamente giustificata. È la linea del governatore della Banca di Francia e membro del consiglio direttivo François Villeroy de Galhau, secondo quanto riporta la Bloomberg. Il calo dei prezzi "è la prova dell'efficacia della politica monetaria, il che giustifica pienamente l'interruzione della sequenza di rialzi dei tassi deciso dal consiglio direttivo", ha detto in un discorso sulla vigilanza bancaria ieri a Parigi.
Per il governatore la Bce può essere fiduciosa di raggiungere il target del 2% entro il 2025, anche se la Banca centrale sarà anche paziente, mantenendo i tassi al livello attuale "per un tempo proporzionato alla loro completa trasmissione". Ma molto resta legato alla riforma delle regole europee. Infatti manca una manciata di giorni per trovare una quadra sul Patto di stabilità e arrivare ad un'intesa di massima all'Ecofin straordinario atteso attorno al 23 novembre. Dopo l'accordo franco-tedesco sulla bozza della nuova riforma della governance economica, l'Ue punta a non incappare più in alcun rinvio. Nella tabella di marcia di Bruxelles la riunione dei ministri dell'Economia dell'8 dicembre - ultima del 2023 - dovrebbe suggellare la riforma, per arrivare poi alla ratifica da parte dell'Eurocamera entro marzo. Ovvero prima che la campagna per le Europee azzeri, di fatto, qualsiasi iniziativa comunitaria. Il riavvicinamento di Parigi e Berlino, sotto l'egida della presidenza spagnola, ha tuttavia di fronte a sé soprattutto un nodo: la posizione italiana.
Al governo di Giorgia Meloni lo schema del nuovo Patto continua a non convincere, in quanto presente troppi paletti. Secondo la nuova proposta chi ha un deficit sopra il 3% del Pil deve assicurare un aggiustamento minimo annuale di almeno lo 0,5% mentre l'andamento della spesa netta deve garantire che il rapporto debito/Pil alla fine del periodo di aggiustamento sia inferiore a quello dell'anno precedente l'inizio del periodo.
A ciò si aggiunge quello che rischia di essere un nuovo parametro: fermo restando un percorso credibile di calo del debito, per lo schema di riforma va comunque garantito un margine di sicurezza sotto il 3% del deficit/Pil, di modo che, in caso di nuovi choc, un Paese abbia gli strumenti di bilancio per affrontarli. La mano tesa per Roma si concretizza soprattutto nell'inserimento, tra i fattori di allungamento dei piani di rientro, delle spese del Pnrr, di quelle per la difesa e di quelle legati al cofinanziamento nazionale dei fondi europei.
Ma a Roma non basta. E l'intenzione potrebbe essere quella di giocare su più tavoli. Da un lato trattativa per la revisione del Pnrr. La bozza del nuovo Piano è da diverse settimane sotto la lente dell'Ue. L prossima settimana il ministro per gli Affari Ue, il Sud, la Coesione e il Pnrr,Raffele Fitto, tornerà a Bruxelles per il Consiglio Affari Generali. E non è escluso che torni ad incontrare la task force europea sul Recovery Plan. Dall'altro lato, parallelamente al negoziato sul Patto, sui tavoli Ue è approdata la proposta di revisione per il quadro pluriennale, ovvero per il bilancio comunitario da qui al 2027. Bruxelles punta all'intesa al vertice dei 27 di dicembre. Obiettivo che, viste le posizioni di partenza, appare utopico. Ursula von der Leyen ha proposto di immettere 50 miliardi in più per l'assistenza a Kiev, 15 (dei quali 12,5 composti da risorse fresche) per la migrazione e 10 per le infrastrutture tecnologiche. Sull'Ucraina, ad eccezione di Budapest, sono tutti concordi.
Sui migranti no. I falchi del Nord, Germania su tutti, spingono per una riallocazione di risorse già disponibili. Lo scontro con Roma è dietro l'angolo, anche perché va a toccare uno dei temi più cari a Meloni. Nella sua video rubrica la premier ha rilanciato il dossier e difeso il patto "di respiro europeo tra Italia e Albania. "Non sono deportazioni", ha sottolineato. L'incrocio della trattativa sul Patto con quella sulla revisione del bilancio Ue è reso ancora più pericoloso dal necessario (per la governance economica su due regolamenti su tre) voto all'unanimità. Il rischio di una stallo, con il ritorno alle vecchie regole, è tutt'altro che irrealistico.
"Non sono a mio agio con il fatto che ancora non sia stato approvato il nuovo quadro regolatorio. So che è difficile, ma è di importanza critica avere un quadro legale, dobbiamo sapere con che parametri i ministri decidono i loro budget", ha avvertito la presidente della Bce, Christine Lagarde. Ma le lancette corrono, i passi falsi, per l'Ue, sono vietati. E, tuonano le opposizioni, dal Pd al M5S, sul Patto "l'isolamento dell'Italia potrebbe costare caro".
Rodolfo Ricci