L'agroalimentare italiano si è dimostrato un pilastro dell'economia del Paese nell'anno clou del Covid 19, il 2020: ha generato un valore aggiunto di 64,1 miliardi, di cui 31,2 miliardi dal settore cibo e bevande (-1,8%) e 32,9 miliardi dal comparto agricolo. E l'export è stato record (+1,8%): 46,1 miliardi di euro. Risultati che lasciano però ancora un margine di miglioramento sulla tutela dell'unicità dei prodotti. Se si guarda poi a livello globale, la pandemia, secondo stime Onu-Fao, rischia di generare da 83 a 132 milioni di nuove persone denutrite nel 2020. Sono elementi emersi nella presentazione del quinto Forum Food & Beverage, che si terrà prosimamente a Bormio (Sondrio), che avrà come parole chiave alimentazione, salute e sport.
Le analisi di The European House - Ambrosetti in vista del Forum dicono che la performance dell’industria agroalimentare italiana è stata migliore rispetto al Pil nazionale (-8,9%). L'Italia è il secondo Paese in Europa per incidenza dell'agroalimentare sul Pil (3,8%), preceduto solo dalla Spagna (4%) e sopra Francia (3%) e Germania (2,1%), ha affermato Valerio De Molli, managing partner & ceo di The European House - Ambrosetti. "Col valore aggiunto generato nel 2020 - ha aggiunto - l'agroalimentare si conferma al primo posto tra le 4A del made in Italy, 1,9 volte l'automazione, 2,8 volte l'arredamento e 3,2 volte l'abbigliamento".
Nell'export le bevande sono la categoria più venduta e generano oltre un quinto del fatturato (20,6%), con Germania, Francia e Usa maggiori approdi. Aperto il nodo Brexit, su cui al Forum è atteso un approfondimento. "Parliamo di un settore lasciato a se stesso - ha rilevato però Francesco Mutti, amministratore delegato di Mutti - e partiamo in ritardo rispetto alle potenzialità che avrebbe", evidenziando quelli che ritiene elementi mancanti all'Italia per scalare il settore food: Ad esempio - ha sostenuto - la ridotta dimensione aziendale. Del 2020 Stefano Marini, amministratore delegato di Sanpellegrino, gruppo Nestlè, ha sottolineato le difficoltà dell'Italia, in particolare dove l'Horeca pesa molto. E Stefano Berni, direttore generale del consorzio di tutela del Grana Padano, ha sostenuto come "l'etichetta a semaforo sponsorizzata dalle grandi multinazionali metta a rischio il made in Italy agroalimentare". Dal presidente della Lombardia, Attilio Fontana, l'auspico che il governo possa contribuire al lavoro in corso per la salvaguardia dei prodotti alimentari italiani e la tutela della loro unicità. Questo è stato lo scenario del 2020.
Un segnale di speranza per il post Covid viene dalle esportazioni alimentari made in Italy in Cina che sono più che raddoppiate (+130%) con l'uscita del Gigante asiatico dalla pandemia con la ripresa del commercio, dell'economia e dell'occupazione.
È quanto emerge dall'analisi della Coldiretti su dati Istat di febbraio rispetto allo stesso periodo del 2019, dai quali si evidenzia la forte domanda di prodotti italiani. Le esportazionI crescono in tutti i settori più significativi del made in Italy con un aumento medio dell'export nazionale del 54%. Il vino è il prodotto
alimentare tricolore più consumato in Cina, ma aspettative positive ci sono anche per frutta e verdura fresca e per il riso tricolore al quale sono state appena aperte le frontiere grazie alla conclusione del negoziato con Pechino. In questo contesto è importante anche lavorare al superamento delle barriere tecniche ancora presenti per le esportazioni. Se è stato rimosso nel 2016 il bando sulle carni suine italiane e nel 2018 le frontiere si sono aperte per l'erba medica, al momento per quanto riguarda ad esempio la frutta fresca l'Italia può esportare solo kiwi e agrumi mentre sono ancora bloccate le mele e le pere oggetto di uno specifico negoziato. Poi c’è da superare una contraddizione di fondo: l'agricoltura italiana è ricca come valore aggiunto fatta però da agricoltori abbastanza poveri. L’allarme arriva dal direttore del Crea, Consiglio per la ricerca in agricoltura e l'analisi dell'economia agraria, Stefano Vaccari intervenuto insieme al presidente Carlo Gaudio in audizione alla Commissione agricoltura della Camera, sugli obiettivi del Piano strategico nazionale nel quadro della nuova Politica agricola comune. "Anche l'industria di trasformazione alimentare ha valori di rilievo con una produttività aumentata dell'11% nell'ultimo decennio e fortemente rivolta all'export", ha detto Vaccari, nel ricordare che oggi rispetto a 20 anni fa siamo un'agricoltura e un alimentare fortemente orientate all'estero. Su questo sistema competitivo non va dimenticato che da sempre il sistema è sorretto da strumenti di tutela di reddito. Un terzo del valore aggiunto del sistema agricolo dipende direttamente da sostegni, dove gli aiuti diretti della Pac rappresentano il 67%, asset quindi decisivi per la nostra agricoltura.
Rodolfo Ricci