Venerdì 22 novembre 2024, ore 18:51

Bruxelles 

Patto stabilità: si lavora su ipotesi condivise per ridurre debito e deficit 

Continua il confronto tra i 27 sulla revisione del Patto di stabilità Ue. La discussione resta su calibrazione, estensione e sulla soglia del conto di controllo, spiega una fonte a conoscenza della trattativa. Al momento la forchetta ipotetica per la riduzione del debito nell'arco dei 4 anni successivi all'aggiustamento è tra l'1% e 1,5% del Pil, da quanto trapela. Per la salvaguardia del deficit si negozia invece se l'obiettivo finale sia un disavanzo al 2% o all'1%. Un incontro di preparazione dell'Ecofin dovrebbe tenersi all'inizio della prossima settimana. Il confronto sui parametri di riduzione del debito e del deficit al momento riguarda soprattutto i vertici dei ministeri economici degli Stati Ue, in attesa che il negoziato torni ai massimi livelli politici, all'Ecofin straordinario del 7 dicembre e dopo i contatti bilaterali che si stanno moltiplicando anche in questi giorni.

Rispetto all'aggiustamento va ricordato che al momento nella riforma si prevede che gli Stati con un disavanzo oltre il 3% del Pil garantiscano un aggiustamento primario strutturale annuale minimo di almeno 0,5 punti percentuali del Pil e fino alla correzione del deficit eccessivo.

Il tema della salvaguardia sul deficit, fortemente voluto dai Paesi "frugali", Germania in testa, è invece quello di prevedere che una volta che uno Stato membro raggiunge una posizione che pone il debito su un percorso plausibilmente discendente o rimane a livelli prudenti in assenza di ulteriori misure di bilancio, dovrebbe garantire un margine di sicurezza comune al di sotto della soglia del 3% del Pil per il disavanzo. Nel lavoro di revisione del Patto di stabilità, intanto, i super tecnici delle missioni diplomatiche degli Stati membri hanno già iniziato l'esame della proposta legislativa della presidenza di turno spagnola dell'Ue sul braccio preventivo (la proposta di revisione del regolamento 1466/97), arrivata solo questa settimana. Dopo aver già affrontato molto del lavoro legislativo relativo alla proposta di revisione della revisione della direttiva del 2011 coinvolta (la 2011/85) e del regolamento sul braccio correttivo (1467/97). Ma "emerge in modo più evidente il rischio di rompere nei prossimi 3-5 anni il mercato unico europeo. Può sembrare un'affermazione forte, ma non lo è", ha però detto il presidente di Confindustria, Carlo Bonomi, nel corso del Lombardia World Summit 2023 organizzato dalla Regione.

"In assenza - ha aggiunto - di nuovi fondi comuni europei e di regole del Patto di stabilità europeo che promuovano con decisione investimenti massicci nell'industria europea, credere di vincere la sfida basandosi sullo spazio fiscale nazionale dei diversi paesi membri e sulle deroghe agli aiuti di stato porterà a rompere il mercato unico. Già oggi Germania e Francia garantiscono alle proprie imprese costi pluriennali e quantità di energia elettrica che l'Italia non si può permettere per il suo alto debito". Poi sull'inflazione è ancora troppo presto per cantare vittoria perché, nonostante i prezzi stiano scendendo, la Banca centrale europea vede all'orizzonte il rischio di un'inflazione persistente, tanto che nei prossimi mesi quella nominale potrebbe risalire.

Dopo settimane in cui mercati e analisti scommettono con sempre maggiore insistenza su un taglio dei tassi già nel secondo trimestre dell'anno prossimo, la presidente Christine Lagarde frena le aspettative e avverte che il board, in pausa ad ottobre, potrebbe ritornare alla carica se il target del 2% si allontanasse. Un'ipotesi che anche la Fed ha preso in considerazione già nell'ultima riunione, assicurando che la stretta durerà a lungo. Il messaggio di cautela della Lagarde, che si avvicina ai toni dei "falchi", arriva non a caso parlando ad una conferenza organizzata dal ministero delle Finanze tedesco a Berlino. La presidente ha anticipato che la Bce si aspetta un'inflazione "leggermente" di nuovo in rialzo nei prossimi mesi, a causa di fattori di base non necessariamente preoccupanti, visto che allo stesso tempo le spinte inflattive generali dovrebbero allentarsi. Ma comunque "non è il momento di cantare vittoria".

E anche se l'inflazione a ottobre è calata sensibilmente (al 2,9% dal 4,3% di settembre), non bisogna "affrettarci verso conclusioni premature basate su sviluppi di breve termine". Ovvero: un calo dell'inflazione, ancorché consistente, non avvicina il taglio dei tassi che tutti si attendono. "Dobbiamo rimanere attenti ai rischi dell'inflazione persistente, e quindi c'è ancora strada da fare", ha assicurato la presidente, che ha rispiegato il ragionamento del board Bce. "Abbiamo detto che le nostre decisioni future assicureranno che i nostri tassi saranno fissati ad un livello sufficientemente restrittivo per tutto il tempo necessario. E abbiamo legato quelle decisioni ai dati in arrivo, il che significa che possiamo agire ancora se vediamo rischi crescenti di mancare il nostro target sull'inflazione", ha chiarito Lagarde.

Rodolfo Ricci

( 24 novembre 2023 )

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