Primo via libera al summit Ue alle conclusioni del Consiglio sul capitolo energia, incluso quindi il punto in cui i leader chiedono di "stabilire un meccanismo di correzione del mercato", ovvero un 'price cap'. Ma non c'è ancora un'intesa sulla soglia. Alcune fonti europee spiegano che, a margine del vertice, i Paesi stanno trattando in vista del Consiglio Affari Energia di lunedì. "Se Germania, Francia e Italia trovano un accordo allora il più è fatto", sottolineano le stesse fonti, spiegando come i tre Paesi rappresentino ciascuno un gruppo di capitali con una specifica posizione sul tetto al prezzo del gas. I dettagli tecnici della soglia non sono sul tavolo dei leader, dove ci si è limitati a dare mandato al Consiglio Ue di trovare un accordo sul meccanismo di correzione del mercato lunedì. Le trattative sulla soglia - il range va dai 160 a 220 euro - sono affidate agli sherpa da qui alla riunione di lunedì.
Nel frattempo al summit, concluso il capitolo energia, si è aperto il dossier Ucraina, che comprende anche gli aiuti per l'emergenza inverno dopo gli attacchi russi alle infrastrutture delle principali città. "Ci dobbiamo preparare ad affrontare la volatilità dei prezzi del gas perché non abbiamo superato il peggio e la "situazione per il prossimo inverno sarà molto seria", ha detto il presidente francese, Emmanuel Macron, in conferenza stampa al termine del vertice Ue. "Non dobbiamo dimenticare che la scorsa primavera avevamo comunque il gas russo, l'anno prossimo invece partiremo senza gas" da Mosca, ha indicato Macron, sottolineando che il 'price cap' servirà contro la volatilità ma che serviranno anche acquisti comuni e contratti a lungo termine.
Poi la risposta da dare agli Usa per la cosiddetta legge sulla riduzione dell'inflazione - che in pancia contiene aiuti alle imprese a stelle e strisce da 370 miliardi di dollari - è approdata per la prima volta al Consiglio europeo. È l'inizio di un percorso che accompagnerà i 27 nei prossimi mesi e, a quanto pare, diventerà una delle bandiere della presidenza svedese. Emmanuel Macron, arrivando a Justus Lipsius, è stato chiaro: "Serve reagire quanto prima". I leader concordano e hanno incaricato la Commissione di presentare entro gennaio delle proposte per mobilitare gli strumenti nazionali e comunitari per sostenere gli investimenti. L'onda lunga delle conseguenze della guerra russa in Ucraina iniziano infatti a farsi sentire persino laddove l'Europa si credeva al sicuro. Ovvero nel suo rapporto con l'alleato americano.
"C'è stata sorpresa per questa svolta protezionista degli Stati Uniti", confida una fonte Ue. Ursula von der Leyen, ha inviato una lettera ai 27 alla vigilia del vertice - mossa alquanto inusuale - proprio per ribadire la necessità di trovare soluzioni europee alla capacità di fuoco della Casa Bianca, mettendo mano alle norme sugli aiuti di Stato, rendendoli più flessibili, e trovando risorse comuni per sostenere la transizione verde, sia rimpolpando il RePowerEu sia dando vita a un fondo sovrano europeo. Perché non tutti i Paesi membri hanno bilanci in grado di fare da soli e la frammentazione porterebbe alla sofferenza del mercato unico. Qui però iniziano i dolori. "Gli Usa danno i sussidi perché hanno soldi e capacità di prendere decisioni politiche: da loro la lotta al climate change si fa creando lavoro e sostenendo le aziende americane", spiega un alto funzionario Ue. "E ci dicono: dateli anche voi. Ma noi non possiamo. Perché non c'è accordo sul fare nuovo debito in comune". Ecco spiegato il senso del Consiglio: intavolare il discorso, capire le posizioni, trovare un possibile punto di caduta. Il tempo, purtroppo, stringe. "Non ci sono solo gli Usa, pure la Cina sulla transizione verde mette enormi quantità di denaro pubblico", spiega un funzionario della Commissione. L'Europa, ora come ora, rischia di restare indietro.
Dunque c'è l'ipotesi di un consiglio straordinario a febbraio per fare nuovamente il punto (insieme all'immigrazione). Se la competitività delle imprese Ue, anche alla luce dei prezzi dell'energia schizzati alle stelle, è il tema della prossima crisi, i leader europei sono stati però chiamati a confrontarsi con quella in corso: la guerra in Ucraina. Il presidente Volodymyr Zelensky si è collegato nuovamente in videoconferenza e ha chiesto di "fare presto" con gli aiuti promessi, che saranno "vitali" per superare i prossimi mesi. Poi, come di rito, ha chiesto nuove armi - missili difensivi, artiglieria di lungo raggio e tank - per poter continuare a proteggere il fianco est dell'Europa. I leader lo hanno ascoltato e finalmente la Polonia ha rimosso il suo veto alla misura sulla global minimum tax, che era stata inserita nel pacchetto che comprendeva anche i 18 miliardi di finanziamento a Kiev (con debito comune) e l'ok condizionato al Pnrr ungherese (nonché il congelamento del 55% dei fondi di coesione destinati a Budapest per le violazioni sullo Stato di diritto). Laddove invece l'accordo manca ancora è sul nono pacchetto di sanzioni. Polonia e Lituania si oppongono, vogliono la linea dura. E così le nuove misure restrittive restano per ora al palo.
Rodolfo Ricci