Nessuna proposta o soluzione concreta al momento, ma un primo passo per riprendere le fila di quel discorso che Bruxelles aveva iniziato ad imbastire nelle prime settimane del 2020. Prima che il Covid arrivasse a cambiare tutto. A un anno e mezzo di distanza, con gli obblighi del Patto ancora sospesi fino alla fine del 2022 per permettere ai governi di spendere e accompagnare cittadini e imprese fuori dall'emergenza, è importante non avere "lo sguardo rivolto al passato" ed evitare di "riproporre le stesse discussioni", ha ammonito il commissario. Perché nel frattempo "qualcosa è successo". E quel qualcosa è stato "una situazione incredibile e terribile" ma anche "una reazione politica ed economica forte". Che ha cambiato la Ue dandole strumenti prima impensabili come il Recovery fund che in questi ultimi mesi ha fatto fluire già 51,9 miliardi di pre-finanziamenti verso le casse degli Stati membri. E che nelle prossime settimane entrerà in una nuova fase, secondo quanto indicato dallo stesso commissario, con l'avvio del processo per la richiesta di esborsi legati al raggiungimento degli obiettivi e delle tappe intermedie.
La comunicazione, che accompagnerà quella precedente sulle regole introdotte dopo la crisi dei debiti (two e six pack), darà forma alla discussione e sarà la base su cui avviare la consultazione con i governi. A prendere la temperatura delle diverse posizioni ci penseranno probabilmente l'Eurogruppo e l'Ecofin dell'8 e 9 novembre. Poi il cammino sarà lungo e costellato delle tradizionali divergenze tra Nord e Sud, virtuosi e non, falchi e colombe. Molto difficile che si possa fare sul serio prima che a Berlino il nuovo governo prenda forma. Le prime proposte concrete della Commissione comunque non arriveranno presto o all'improvviso, ma "in un determinato periodo del prossimo anno", ha chiarito Gentiloni. Nel frattempo si dovrà parlare della portata della riforma. Se si tratterà di attuare cambiamenti legislativi o utilizzare strumenti di soft law.
Poi c’è l'urgenza di rafforzare la difesa comune europea e l'autonomia strategica dell'Ue, per affermare con più forza il ruolo dell'Unione europea sullo scacchiere internazionale. Ecco il menù della cena informale dei ventisette leader dell'Ue, riuniti per due giorni in Slovenia in occasione del vertice con i Paesi dei Balcani occidentali. La discussione è stata dominata dal tema della risposta europea all'aumento dei prezzi dell'energia. Ma anche sulla politica estera e la difesa comune, sulla quale spinge con decisione Mario Draghi, i ventisette stanno provando a trovare una difficile linea condivisa di fronte a sfide come quelle poste dalla Cina e da Aukus, il patto di sicurezza tra Usa, Regno Unito e Australia che ha tagliato fuori l'Ue. Nella cornice del castello di Brdo, il summit, uno degli ultimi della cancelliera Angela Merkel, ha posto l'accento sulla politica estera comune e in particolare sulla difesa, da rafforzare - la presidente della Commissione Ursula Von Der Leyen ne ha parlato con il segretario del Nato Jens Stoltenberg - nel solco di una maggiore cooperazione Nato-Ue. La consapevolezza è che la crisi afghana e le implicazioni umanitarie e di sicurezza che ne derivano confermino l'urgenza di accelerare e pianificare le future strategie di intervento internazionale dell'Unione europea. È questa la linea che Draghi ha difeso, anche in vista del G20 del 12 ottobre sull'Afghanistan.
Rodolfo Ricci