Una rinnovata competizione tra Usa e Cina per il predominio su un ordine internazionale che comunque, almeno in parte, sarà post-liberale e post-occidentale. In mezzo, un'Unione europea intenta a cercare un suo spazio e ancora alla ricerca di una sua unità d'intenti. E con un Recovery fund da rendere operativo per diventare realmente una realtà polito-solidale. E un'Italia che non potrà che agire nell'ambito del concerto europeo, ma senza perdere di vista i suoi specifici interessi geopolitici. È questo uno dei temi, in un quadro più generale, che emerge dal rapporto 2021 dell'Istituto di studi di politica internazionale (Ispi) intitolato "Il mondo al tempo del Covid: l'ora dell'Europa?”, curato da Paolo Magri e Alessandro Colombo. Uno studio che sottolinea come la pandemia (che in parte ha oscurato cambiamenti epocali come la Brexit e gli Accordi di Abramo in Medio Oriente) abbia avuto l'effetto di accelerare processi già in corso da almeno un quindicennio, a partire dalla rimessa in discussione della globalizzazione. "La grande partita per la redistribuzione del potere", affermano Magri e Colombo, vede come primi protagonisti Washington e Pechino, e si mischia alla gara di efficienza nella risposta al Covid.
L'arrivo di Joe Biden alla Casa Bianca ha rilanciato il multilateralismo, e quindi i rapporti con l'Europa, dove però rimangono alcuni problemi. E un segnale in questo senso sono le critiche e i malumori con cui negli Stati Uniti è stato accolto l'accordo globale per gli investimenti (Cai) raggiunto alla fine del 2020 fra la Ue e la Cina dopo sette anni di negoziati. La Ue sembra essere riuscita a non sprecare l'occasione della crisi pandemica, risvegliandosi dall'immobilismo e riuscendo a dare prova di unità e solidarietà. In particolare sul fronte economico-finanziario, con una prima forma di mutualizzazione del debito e il varo del piano da 750 miliardi di euro della Next Generation EU (meglio conosciuto come Recovery Fund) e, pur tra qualche difficoltà, con la campagna vaccinale comune. Tuttavia, sottolinea il presidente dell'Ispi, Giampiero Massolo, più complesso e ancora irto di difficoltà resta il cammino verso la ricerca di un'identità europea sul piano della politica estera e di sicurezza che "appare a oggi per lo più come una mera somma algebrica delle singole volontà politiche degli Stati membri".
Dal Mediterraneo all'Africa subsahariana, alla cooperazione con la Russia in campo energetico, sono più d'uno gli scacchieri sui quali gli interessi dei singoli Paesi europei divergono. E il possibile riacutizzarsi di problemi a causa della crisi scatenata dalla pandemia, come quello dei flussi migratori, potrebbe accentuare queste tensioni. Il banco di prova delle capacità della Ue di mettere in atto una politica estera comune sarà nei prossimi mesi il confronto con la Turchia. E intanto si è in attesa che si chiariscano contorni e ambizioni della Conferenza sul Futuro dell'Europa che dovrebbe concludersi nel 2022. All'interno dell'Unione si rafforza l'asse franco-tedesco, ma con differenze evidenti nella politica dei due Paesi. La dinamica - sottolinea Massolo - vede qui protagonista, per attivismo e assertività, la Francia. Parigi ha già mostrato in varie occasioni la sua volontà di giovarsi della Brexit per accrescere la sua capacità d'influenzare le scelte strategiche dell'Unione. Il suo raggio d'azione si è esteso a trecentosessanta gradi, dai dossier geopolitici e di difesa a quelli economici e finanziari". La Germania, alle prese anche con la transizione del dopo-Merkel, si mostra invece prudente. Meno assertiva della Francia, ma anche meno cauta della Germania, e allora l'Italia può ritagliarsi un ruolo, nella legittima aspettativa di essere ascoltata sia all'interno che all'esterno dell'Unione. L'ampiezza e la multiformità dei nostri interessi ci impongono una partecipazione proattiva all'inevitabile gioco delle alleanze a geometria variabile che caratterizza il mondo 'a-polarè di oggi .E non è una occasione da pardere.
Rodolfo Ricci