Si accorcia la lista nera europea dei paradisi fiscali nel pianeta. Ad uscire dall'elenco stilato per la prima volta nel dicembre del 2017 sull'onda dello scandalo dei Panama Papers sono infatti tre Paesi e un Territorio d'Oltremare considerati tradizionalmente dei 'tax heaven': Bahamas, Belize, Seychelles e le isole britanniche di Turks and Caicos. La decisione è stata sancita nel corso del Consiglio Affari Generali e la luce verde è arrivata dopo aver valutato che le quattro giurisdizioni si sono adeguate agli impegni chiesti da Bruxelles, cominciando quindi a cooperare con l'Unione su una buona governance fiscale.
Le riforme chieste dall'Europa ai paradisi fiscali mirano a rispettare una serie di criteri oggettivi, che includono la trasparenza fiscale, l'equa tassazione e l'attuazione di standard internazionali volti a prevenire l'erosione della base imponibile e il trasferimento dei profitti. Le Bahamas e Turks and Caicos, entrambi nel mar dei Caraibi, erano finiti nella lista nera dopo le gravi carenze rilevate dal Forum per le Pratiche dannose dell'Ocse, che tuttavia recentemente ha mutuato le proprie raccomandazioni da "dure" a "morbide". Le Seychelles e il Belize erano state inserite nella lista nera lo scorso ottobre, per una valutazione negativa nel settore dello scambio di informazioni. Tuttavia, i due Stati si sono impegnati a mettere in campo norme ad hoc per porre rimedio alle proprie falle e, in attesa di una revisione supplementare, Bruxelles li ha quindi promossi dalla "black list" alla cosiddetta 'lista grigia' dove figurano, tra gli altri, Israele, Albania, Aruba, Hong Kong.
Sono invece ancora dodici i Paesi o Territori d'Oltremare che riempiono la "black list" di Bruxelles: Samoa americane, Anguilla, Antigua e Barbuda, Figi, Guam, Palau, Panama, Russia, Samoa, Trinidad e Tobago, Isole Vergini americane, Vanuatu. A loro il Consiglio Ue ha destinato nuovamente il "rammarico" per la mancata collaborazione in materia fiscale, invitandoli a migliorare il loro quadro giuridico per risolvere le questioni individuate. I Paesi membri hanno una certa discrezionalità nelle strategie per evitare fughe di capitali nei paradisi fiscali, ma l'Ue richiede che ci sia sempre un coordinamento.
Tra le misure che invece può mettere in campo Bruxelles c'è quella del congelamento dei fondi comunitari diretti ai Paesi della lista nera. Certo l'Europa deve anche guardare al proprio interno: in un report del 2021 la Commissione aveva acceso il faro su sei Stati membri per strategie considerate agevolanti per l'evasione:Irlanda, Lussemburgo, Malta, Cipro, Paesi Bassi e Ungheria. Da ricordare che la prima lista nera dell’Ue dei paradisi fiscali risale al 2017, per ‘censire’ i Paesi extra-Ue non interessati né a un dialogo costruttivo in materia di lotta all’evasione e all’elusione né attenti a mantenere impegni e promesse per il contrasto a regimi di tassazioni ingiusti. Da allora la lista è stata aggiornata a più riprese, non senza polemiche. Dal 2020 la revisione avviene due volte l’anno.
Rodolfo Ricci