Ora e sempre desistenza. La forte affluenza al primo turno delle legislative (66,7 per cento, quasi 20 punti in più rispetto al voto del 2022 e molto vicino al record di 70,9 delle legislative del 1981) creerà ballottaggi a 3 e addirittura a 4 candidati. Da qui l’esigenza dei “terzi” e dei “quarti” classificati di desistere, quindi rinunciare al duello di domenica prossima per fare barrage contro il Rassemblement national, non disperdendo cioè i voti, ma facendoli confluire sull’avversario più “vicino” al candidato RN. Desistere, dunque, per fermare l’ascesa di Marine Le Pen, e puntare almeno a un pareggio che produrrebbe uno scenario molto vicino all’ingovernabilità. E che farebbe ancora una volta dell’Eliseo il perno fondamentale degli equilibri politici post 7 luglio. Le stime attuali assegnano a RN da 255 a 295 seggi potenziali, al Nuovo fronte popolare delle sinistre (NFP) 120-140 seggi, alla coalizione macronista (Ensemble) 90-125 seggi, ai gollisti (Les Republicaines) 35-45 e alla sinistra ecologista e dissidente da 22 a 26 seggi. Così come accadde il 5 maggio 2002, allora si trattava delle presidenziali, quando al ballottaggio Jean Marie Le Pen a sorpresa sfidò Jacques Chirac, il fronte repubblicano chiama all’unità.
E i sindacati fanno la loro parte. “Il pericolo dell’estrema destra è su di noi”, scrive su X la segretaria generale della CFDT, Marylise Leon. “Di fronte a questa minaccia - dice - nessun calcolo politico può reggere. I candidati piazzati peggio, chiunque essi siano, devono ritirarsi per poter battere i candidati di estrema destra al secondo turno. Punto”. Yvan Ricorderau, segretario generale aggiunto della CFDT (con delega alle pensioni e formazione professionale), parla di “momento gravissimo per la nostra democrazia” e invita i candidati arrivati terzi o quarti “a ritirarsi”. Si fa sentire, anche l’ex segretario della Confederation, Laurent Berger, che in molti nel partito socialista considerano come primo ministro “credibile” in grado di guidare un governo NFP o addirittura di unità repubblicana anti RN: “La nostra democrazia e i nostri valori repubblicani sono in gioco contro un RN che è alle porte del potere”, dice. “Nessuno voto - aggiunge - dovrebbe mancare al desistente repubblicano”, poiché “di fronte al pericolo la logica del ‘né-né’ non è appropriata. L’imperativo è bloccare l’estrema destra”. Che domenica sera ha raggiunto livelli di consenso senza precedenti: 33,1 per cento, davanti a NFP (27,9), Ensemble (20,4) e Les Republicaines (10,7). “E’ un pericolo mortale per la nostra Repubblica”, scrive su X Sophie Binet. E invocare il “né-né”, né con RN ma neanche con i candidati di Macron e delle sinistre, “equivale a sostenere” il partito di Le Pen.
La partita non è ancora chiusa, osserva la segretaria generale della CGT, “se ognuno si assume le proprie responsabilità possiamo mettere il progresso sociale all’ordine del giorno”. Turarsi il naso, dunque, ancora una volta. Votare contro, il meno peggio, per evitare il peggio. E “fare il gioco”, più o meno consapevolmente, del potere. Succede da 22 anni in una Francia che ha perso la bussola. E l’ironia della sorte vuole che il “pieno” di RN abbia indirettamente già fatto un favore ai sindacati. A desistere, infatti, è anche il premier Gabriel Attal, che ha annunciato la sospensione della molto criticata riforma dell’indennità di disoccupazione, che doveva entrare in vigore dal 1 luglio, e che ora attende necessariamente che si sviluppi una nuova maggioranza.
Pierpaolo Arzilla