Un fisco più equo e un bilancio comune più forte per spingere la ripresa. Nell'Europa del post-pandemia non c'è più spazio per l'evasione delle grandi multinazionali, né per le loro scatole cinesi o società fantasma attraverso le quali eludono norme e autorità. Sul finire del primo anno di vita del Recovery fund, la Commissione europea vara la sua rivoluzione fiscale in due mosse, si assicura nuove entrate per ripagare i bond per finanziare il Next Generation Eu e dà un'altra risposta alla crisi che continua a lasciare ampi spazi di incertezza con il diffondersi della variante Omicron e a richiedere ingenti sforzi pubblici.
Grazie alla volata lanciata dall'Ocse con un accordo non semplice firmato a ottobre da 137 Paesi (e, dopo qualche esitazione dalle capitali che usano il fisco per attrarre le grandi società, come l'Irlanda, anche da tutti i 27 Stati membri), l'offensiva sul fisco di Bruxelles parte dalla minimum tax al 15% che tutti i grandi gruppi, sia nazionali che internazionali, dovranno pagare se la società madre o una controllata si trovano sul territorio europeo. A qualunque latitudine o longitudine. Un chiaro messaggio e un impegno per quelle giurisdizioni con una corporate tax al di sotto dell'aliquota concordata (per Dublino è al 12,5%) o il Lussemburgo e i Paesi Bassi, che si sono più volte rese protagoniste di tax ruling a favore delle grandi società, soprattutto a stelle strisce e del tech. Permettendo loro di evadere sistematicamente tasse che avrebbe dovuto pagare su tutti i profitti generati sulle vendite in Ue.
Con la nuova proposta di Bruxelles, si stabilisce che tutti abbiano "almeno questo 15% di aliquota effettiva", ha precisato il commissario europeo per l'Economia, Paolo Gentiloni, ricordando che "molti Paesi, compresa l'Italia, hanno un livello di tassazione delle società molto più elevato" e "questa differenza verrà mantenuta". Ad assestare un altro colpo all'evasione fiscale c'è poi la stretta varata da Bruxelles sulle società fantasma o di comodo, di cui le multinazionali si servono nel noto schema dello spostamento dei profitti per non pagare le tasse nei Paesi con tassazioni più elevate dove però questi sono generati. Queste entità dal 2024 potrebbero essere soggette a nuovi criteri che permetteranno alle autorità fiscali di verificare se abbiano un'attività reale oppure siano soltanto un veicolo per l'evasione fiscale. Due misure "importanti" per Gentiloni, che invoca "più giustizia sociale", soprattutto "in un momento come questo in cui tutti in Europa dobbiamo proteggere i cittadini e le nostre economie".
Ma la minimum tax sarà importante anche per garantire alle casse europee nuove entrate che serviranno a rimborsare le emissioni di titoli per il finanziamento del Next Generation Eu (Ngeu). Dai suoi proventi, dal 2023 la Ue dovrebbe veder arrivare tra i 2,4 e i 4 miliardi di euro all'anno. Una cifra che può salire fino a 17 miliardi negli anni successivi (dal 2026) con le altre due risorse proprie lanciate da Bruxelles: l'estensione del sistema di scambio delle quote di emissioni (Ets) ai trasporti, al settore marittimo e agli immobili, e l'introduzione di una carbon tax sui prodotti importati. In futuro ne potrebbero seguire altre, come la tassa sulle transazioni finanziarie. "Un momento storico", per il commissario al Bilancio Johannes Hahn, che ha ricordato che dal 1957 a oggi è la prima volta che si trova un'intesa a livello di Commissione per incrementare le risorse proprie. Ora, come sempre, la parola passa al Parlamento europeo e agli Stati membri. Le proposte riguardano tra l'altro l'estensione del sistema Ets ai trasporti e agli immobili, l'introduzione di una carbon tax su prodotti importati e una quota proveniente dalla minimun tax sulle società. Secondo le stime della Commissione, una volta a regime queste novità faranno affluire alle cassi Ue 17 miliardi di euro l'anno a partire dal 2026. La revisione del sistema Ets fa parte del pacchetto Fit for 55, l'insieme di misure per la riduzione delle emissioni del 55% entro il 2030 adottato nel luglio scorso.
In futuro, lo scambio di quote di emissioni si applicherà anche al settore marittimo, aumenteranno le aste delle quote di emissioni per l'aviazione e sarà istituito un sistema specifico per gli edifici e il trasporto su strada. Nell'attuale Ets, le entrate derivanti dalla vendita all'asta delle quote di emissioni sono trasferite per la maggior parte ai bilanci nazionali. La Commissione propone in futuro il 25% delle entrate provenienti dallo scambio di quote di emissioni confluisca nel bilancio dell'Ue, portando - secondo le stime - a velocità di crociera circa 12 miliardi di euro all'anno in media nel periodo 2026-2030 (9 miliardi di euro in media tra il 2023-2030).
Con la carbon tax, invece, si punta a ridurre il rischio di rilocalizzazione delle emissioni di carbonio incentivando i produttori di Paesi terzi a rendere più verdi i loro processi di produzione. Per questo, le importazioni saranno soggette al pagamento di un prezzo per il carbonio, corrispondente a quello che sarebbe stato pagato se fossero state prodotte in Ue. La Commissione propone di destinare al bilancio dell'Ue il 75% delle entrate generate da questo meccanismo di adeguamento del carbonio alle frontiere (Cbam), che sono stimate a circa 1 miliardo di euro all'anno in media nel periodo 2026- 2030 (0,5 miliardi di euro in media nel periodo 2023- 2030).
Rodolfo Ricci