Ripristinare i controlli ai confini all'interno dell'area Schengen in caso di "massicci" flussi migratori. La Commissione europea, nelle prossime ore, aprirà il vaso di Pandora del dossier flussi con una prima proposta di intervento che sembra strizzare l'occhio a quei Paesi membri da anni allarmati dai cosiddetti movimenti secondari. Nella proposta di modifica del codice Schengen l'esecutivo europeo, in casi di estrema eccezionalità e dietro adeguata motivazione, permetterà a Stati come Germania, Olanda o Francia, di istituire controlli alle frontiere per impedire l'accesso di migranti dai Paesi di primo ingresso. Si tratta, al momento, di una proposta che plausibilmente potrebbe ricadere nel ben più ampio Patto sulla Migrazione e l'Asilo.
L'Italia, però, già ha drizzato le antenne e, sebbene il tema non sia formalmente in agenda, potrebbe anche dire la sua al Consiglio europeo di giovedì. Sul tavolo del summit dei leader, si parlerà innanzitutto della dimensione esterna del dossier migranti, ovvero della parte dove il consenso tra i Paesi membri è pressoché unanime. Ma l'ombra dei movimenti secondari è dietro l'angolo e la proposta della Commissione Ue potrebbe aprire una breccia nel dibattito. Il testo dell'esecutivo europeo prende spunto da una duplice emergenza: la crisi pandemica, che nel 2020 portò i Paesi membri a muoversi in ordine sparso sulla chiusura dei confini; e l'attacco ibrido della Bielorussia, che due settimane fa ha indotto Bruxelles a sospendere alcune fattispecie delle procedure d'asilo per Polonia, Lituania e Lettonia. L'obiettivo della proposta è quello di un maggior coordinamento tanto che, nel caso un Paese reintroduca i controlli ai confini, sarà il Consiglio Ue ad essere coinvolto sugli aspetti legati all'iniziativa. Si tratterebbe, in ogni caso, di una extrema ratio, lasciata ad un Paese che, in mancanza di soluzioni alternative, si trova ad affrontare un massiccio flusso di persone alle sue porte. L'esecutivo Ue inviterà poi gli Stati membri a pattugliamenti congiunti delle frontiere e ad accordi bilaterali ad hoc, sul modello di quelli conclusi dall'Italia con i Paesi confinanti, proprio per evitare un uso indiscriminato di eccezionalità nell'area Schengen.
Eppure per Roma già nelle scorse ore è scattato l'allarme: la posizione del governo è sempre stata quella di analizzare i movimenti secondari e quelli primari in un approccio organico. Evitando di restare soli nel salvataggio dei migranti in mare trovandosi, allo stesso tempo, con altri richiedenti asilo respinti ai confini Nord della Penisola. Non a caso, fonti europee spiegano come già la proposta della Commissione sia frutto di una mediazione. Il risultato, tuttavia, resta quello di "facilitare" il respingimento di migranti alla frontiera per i Paesi dell'Europa del Centro-Nord. Sul dossier tornerà quasi certamente la presidenza francese dell'Ue, che da gennaio lavorerà ad una profonda revisione dei regolamenti di Dublino.
"Responsabilità accompagnata alla solidarietà" resta la linea rossa tracciata dall'Italia. I fari sui migranti restano accesi. Sullo sfondo naviga la discussione sul nuovo patto di stabilità: "Non vedo il rischio di un'interruzione brusca della clausola di salvaguardia. La direzione è quella, a meno che non ci sia una nuova recessione economica. È quindi prevedibile che succeda ma ciò non significa che cancellare la clausola porti al dibattito di prima. L'Ue non deve tornare alla normalità, perché quella non era una situazione perfetta. Dobbiamo trovare una crescita duratura e sostenibile", ha sostenuto il commissario Ue agli Affari Economici Paolo Gentiloni intervenendo alle commissioni congiunte Bilancio ed Economia del Parlamento Ue. Rispondendo a chi gli chiede se ci siano stati Paesi, come la Germania, in qualche modo "vittima" dell'erogazione del Next Generation Ue, Gentiloni ha spiegato: "Ci sono state delle decisioni comuni, una di queste era quella di evitare ulteriori frammentazioni tra gli Stati membri".
Rodolfo Ricci