Ormai è diventata una realtà che non sorprende più di tanto ma sembra piuttosto una logica conseguenza: Europa e Astrazeneca vanno verso il divorzio. Infatti, la Commissione - si legge in una nota ufficiale - non ha rinnovato il contratto con l'azienda anglo-svedese in scadenza alla fine di giugno. Una mossa attesa dopo che Bruxelles aveva avviato un'azione legale per inaffidabilità contro il produttore di vaccini anti-Covid. L'Europa sembra ritrovare così compattezza. E prova a rivendicare la propria centralità. "Siamo la farmacia del mondo e aperta al mondo", ha detto con orgoglio la presidente della Commissione europea Ursula Von Der Leyen nel dare il via libera a un contratto con Pfizer da 1,8 miliardi di dosi (900 milioni garantite e 900 milioni opzionate) tra il 2021 e il 2023: un numero almeno quattro volte superiore a quello della popolazione europea e già pensato per aiutare i Paesi che ne abbiano bisogno, tanto che gli Stati potranno donare o rivendere a prezzo ribassato parte dei loro vaccini.
Finora l'Ue ha esportato duecento milioni di dosi: il 50% della sua produzione. Prima di discutere di brevetti, gli Stati Uniti, così come la Gran Bretagna dovrebbero "rimuovere il blocco delle loro esportazioni", ha affermato perciò Draghi, all'unisono con Merkel ed Emmanuel Macron. Non si è ancora ben capito, premette il presidente del Consiglio italiano, quale sia nel dettaglio la proposta di Biden. Charles Michel spiega che sarà valutata quando in concreto sarà presentata alla Wto. Angela Merkel, anche lei in video collegamento ad Oporto, ha ribadito la sua contrarietà ad avvantaggiare Paesi come la Cina concedendo la tecnologia mRna sviluppata da BioNTech. Sarebbe al contrario "buffo", ha osservato, pensare che l'obiettivo di Biden sia arginare l'avanzata di Cina e Russia, che hanno annunciato centinaia di milioni di dosi ma ne hanno consegnate rispettivamente 40 milioni e 6 milioni. Piuttosto, al tavolo di Oporto c'è chi ha avanzato il sospetto che gli Usa vogliano contrastare "la forza dell'export Ue".
Ma c’è anche un altro dato: i Paesi europei iniziano ad accettare l'idea di una politica comune sui diritti sociali e il lavoro. a partire dal Consiglio europeo di giugno. E Draghi metterà sul piatto la sua proposta di rendere strutturale il fondo Sure contro la disoccupazione. Ma sarà una battaglia non semplice. Mark Rutte, primo ministro olandese, si mette subito alla testa dei falchi del Nord: Sure è "una tantum" e così deve restare, sostiene da sempre. Non sorprende la delegazione italiana la presa di posizione olandese. Rutte, già osso duro per l'Italia al tavolo di trattativa sul Recovery fund e capofila dei 'frugalì, taglia corto su Sure: "Non ne abbiamo discusso ad Oporto". Ma tra i colleghi presenti Draghi ha detto di non essere stato il solo a sollevare il tema, mentre il padrone di casa, il portoghese Antonio Costa, continua a spingere sul salario minimo.
Rodolfo Ricci