La cavalcata della Cfdt per il primato della rappresentanza sindacale anche nel settore pubblico francese, dopo quello conquistato lo scorso anno nel settore privato, è già iniziata. E’ questo il primo punto fermo che emerge dai lavori del 49mo congresso della centrale sindacale guidata dal carismatico Laurent Berger, che si concluderanno oggi a Rennes, dopo cinque giorni di discussioni animate dalla fitta agenda che il presidente francese Emmanuel Macron ha imposto alla parti sociali: dalla riforma del Codice del lavoro a quella delle pensioni passando per la riforma delle Ferrovie francesi.
Scontata la sua rielezione a segretario generale per i prossimi quattro anni, Berger ha dalla sua il risultato storico ottenuto alle elezioni del 31 marzo 2017, quando la Cfdt è riuscita sopravanzare la Cgt come sindacato più rappresentativo tra i lavoratori del settore privato. Non a caso i toni più accesi Berger li ha riservati proprio alla Cgt (sebbene mai citandola direttamente) e alla linea barricadera del suo leader Philippe Martinez.
In una lunga tirata, il numero uno della Cfdt ha spiegato cosa determina la “morte del sindacalismo”. Per Berger, il sindacalismo muore quando "si limita a denunciare, ad indignarsi, senza mai portare risultati che migliorino qui e ora la situazione dei lavoratori" e quando "confonde la sua lotta con una lotta politica". Un'allusione alla partecipazione della Cgt alle manifestazioni del 26 maggio, promosse in particolare dal movimento France Insoumise di Jean-Luc Mélenchon. “Il sindacalismo è morto quando mostra la sua impotenza e si chiude in una spirale di sterile radicalismo, dove l'unico sbocco per la giornata di azioni e dimostrazioni è quella di decidere una data per la prossima", ha aggiunto tra gli applausi.
L’ultima stoccata, però, Berger l’ha riservata all’inquilino dell’Eliseo, e alle tante riforme decise passando sulla testa dei lavoratori, a partire da quella del Codice del lavoro. "L'annuncio di una riforma al giorno fa il paio con l'annuncio di una dimostrazione al giorno: è parte del movimento, non della trasformazione sociale", ha scandito raccogliendo l’applauso degli oltre 3mila delegati che gli hanno rinnovato la fiducia fino al 2022. E forse anche oltre, visto che la definizione di una sua successione non pare sia tra i punti in agenda neppure per il suo prossimo mandato.