Di nuovo. La Fed ha alzato i tassi di interesse dello 0,75% per il secondo mese consecutivo, confermando il pugno duro contro un'inflazione che corre e non lascia respiro agli americani. I rialzi sono appropriati a fronte di prezzi che restano elevati, ha affermato la banca centrale, motivando la sua decisione unanime di alzare il costo del denaro di tre quarti di punto portandolo in una forchetta fra il 2,25% e il 2,50%. "Restiamo fortemente impegnati a riportare l'inflazione al 2%", ha aggiunto la banca centrale statunitense. Il quarto rialzo dall'inizio dell'anno arriva nonostante un inizio di rallentamento nelle "spese e nella produzione. Il mercato del lavoro comunque resta solido e il tasso di disoccupazione basso". Accusata da più parti di essere stata lenta nel rispondere alla galoppata dei prezzi, schizzati ai massimi da 40 anni, la Fed ha avviato un'aggressiva campagna di rialzi dei tassi nel tentativo di raffreddare l'economia e quindi l'inflazione. Il timore ora è che un'azione troppo determinata da parte di Jerome Powell rischi di far scivolare l'economia americana in recessione.
Diversi indicatori economici hanno di recente mostrato un rallentamento della ripresa. Fra questi i compromessi per l'acquisto di case, crollati in giugno di quasi il 20% riflettendo il caro-mutui causato dal rialzo dei tassi della Fed. Il banco di prova per l'economia è previsto con la diffusione dei dati del pil Usa del secondo trimestre: se dovessero rivelare una crescita negativa per gli Stati Uniti significherebbe 'recessione tecnica'. L'amministrazione Biden però minimizza da giorni la definizione di recessione e cerca di rassicurare, consapevole delle implicazioni politiche che questo potrebbe avere nell'anno delle elezioni di metà mandato in calendario il prossimo novembre. La politica monetaria della Fed rallenterà l'economia ma è necessario farlo, ha detto chiaramente Powell. "Non ritengo che gli Stati Uniti siano ora in recessione e la Fed non sta cercando di causarne una", ha ricordato il presidente della banca centrale, osservando come non ha senso un'economia in recessione che crea posti di lavoro come sta accadendo negli States.
"La stabilità dei prezzi è la base dell'economia. Siamo determinati a far scendere l'inflazione: riportarla all'obiettivo del 2% è essenziale" per un ripresa sostenibile, ha osservato Powell, senza escludere la possibilità di un nuovo forte rialzo dei tassi alla prossima riunione di settembre. "Dipenderà dai dati", ha spiegato il presidente della Fed, secondo il quale l'economia non ha ancora risentito del tutto della stretta avviata. In questo scenario in costante evoluzione la Fed deciderà riunione dopo riunione come procedere e sarà in grado di fornire solo una guidance meno chiara sulle sue mosse. Un rialzo dei tassi da 75 punti base era dato per scontato da Wall Street. I listini americani mantengono inizialmente i rialzi dopo la nuova stretta, poi accelerano con Powell, sentendosi confortati dall'impegno della banca centrale a combattere l'inflazione ma anche da quello a rallentare, a un certo punto, la velocità dei rialzi.
Rodolfo Ricci