L'America va avanti per la sua strada nella battaglia sul caro-vita. Ulteriori rialzi dei tassi saranno probabilmente necessari per riportare l'inflazione sotto controllo. È quanto emerge dai verbali della Fed della riunione del 13 e 14 dicembre, che rivelano come i componenti della banca centrali sono d'accordo nel ritenere che quest'anno non sarebbe appropriato tagliare il costo del denaro. La storia e la teoria mettono in guardia contro un allentamento prematuro della politica monetaria. I verbali della Fed mostrano i timori diffusi fra i componenti della banca centrale per l'ottimismo degli investitori sulla fine del ciclo di rialzi dei tassi.
Un ottimismo che potrebbe rendere più difficile rallentare l'economia e combattere l'inflazione. "Un allentamento non garantito delle condizioni finanziarie, spinto da una falsa percezione" su come la Fed potrebbe reagire ai nuovi dati economici rischia di "complicare gli sforzi per ripristinare la stabilità die prezzi", si legge nei verbali della Fed, nei quali si chiarisce che la banca centrale ha bisogno di molte più prove prima di convincersi che le pressioni sui prezzi sono sotto controllo.
"Una politica monetaria restrittiva potrebbe essere mantenuta fino a quando i dati non mostreranno che l'inflazione non è su una sostenuta traiettoria verso il 2%", afferma la Fed precisando come un rallentamento della velocità dei rialzi non indica un indebolimento della determinazione a centrare l'obiettivo della stabilità dei prezzi. È ancora troppo presto per dichiarare che l'inflazione ha raggiunto il picco, ha affermato anche il presidente della Fed di Minneapolis, Neel Kashkari, prevedendo che la banca centrale continuerà a alzare i tassi nelle prossime riunioni anche se ci sono segnali di rallentamento della corsa dei prezzi. Kashkari prevede che la Fed dovrà alzare i tassi fino al 5,4% nella prima metà dell'anno, il che vuole dire circa un punto percentuale in più rispetto al 4,25-4,50% attuale. L’altra faccia della medaglia. I tassi sui mutui - per i contratti a 30 anni a tasso fisso - sono saliti negli Stati Uniti ai massimi delle ultime sei settimane toccando quota 6,42%. I tassi sono saliti negli ultimi mesi con il rialzo del costo del denaro deciso dalla Fed. Poi c’è il rischio recessione per il 2023.
È la previsione di due terzi degli economisti di 23 istituzioni finanziari che lavorano direttamente con la Fed, secondo quanto riportato dal Wall Street Journal. Fra i primary dealers - da Barclays e Ubs e Bank of America - la convinzione di una recessione si basa sul fatto che gli americani stanno spendendo i risparmi accumulati durante la pandemia, il mercato immobiliare è in calo e le banche stanno stringendo i loro standard per i crediti. "Ci aspettiamo un rallentamento nella crescita del Pil globale nel 2023, guidato da recessioni negli Stati Uniti e nell'area euro", affermano gli economisti di Bnp Paribas. Anche dall’Eurotower si fa sapere che ai governi non piacciono molto i rialzi dei tassi di interesse perché pesano sulla posizione di bilancio rendendo "più costoso emettere nuovo debito". Ma la Bce deve "resistere" all'opposizione e continuare con i rialzi dei tassi. Perché il "rischio maggiore è quello di fare troppo poco". E farlo nonostante le critiche, anche in Italia, per i rialzi.
Rodolfo Ricci